Gli ultimi 2.500 individui di visone bianco detenuti nelle gabbie dell’allevamento di Otsuka sono stati liberati la scorsa settimana.
Un evento storico, che segna la definitiva chiusura in Giappone degli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce.
«Anche l’ultima struttura dove erano detenuti gli animali ha chiuso – ha spiegato in una nota l’associazione Fur Free Alliance –. Oltretutto, si trattava di un allevamento che operava senza rispettare alcun minimo standard».
La chiusura di questo tipo di allevamenti in Giappone segna un risultato storico; l’industria delle pellicce, che ha avuto il proprio boom a partire dal secondo dopoguerra, era un settore importante, con oltre 4mila unità produttive sparse su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia, negli ultimi decenni la richiesta di pellicce ha iniziato a calare al punto da portare alla chiusura dell’80% degli stabilimenti.
Per rispondere alla richiesta da parte del mercato, che continua ad esserci, il Giappone ha già annunciato che importerà le pellicce. «Siamo molto soddisfatti per la chiusura degli allevamenti, ma vogliamo che nessun animale in nessuna parte del mondo soffra», ha aggiunto Fur Free Alliance.
La situazione in Europa
Nel Vecchio Continente, i maggiori allevamenti di animali da pelliccia si trovano nei Paesi Bassi, dove ogni anno si producono 5,5 milioni di pelli di visione, ovvero un quinto dell’intera produzione europea. Questo nonostante in Olanda dal 2015 sia vietato allevare visoni, secondo la sentenza emessa dalla Corte d’Appello dell’Aia nel 2015 a conferma di un divieto già espresso nel 2013.
Nel nostro Paese, invece, l’allevamento di visoni è localizzato in poche regioni. Complessivamente si calcolano una ventina di allevamenti – soprattutto nelle regioni del Nord – che producono annualmente circa 180mila pelli.
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