Milano, in una mattinata uggiosa Claudia Laricchia ed io siamo sedute davanti a un tè e biscottini al burro. La mia curiosità di conoscere i dettagli della sua nuova avventura, tutta orientata alla salvaguardia dell’ambiente, è tanta. Grazie a lei comprenderò come ognuno di noi, nel suo piccolo, può darsi da fare per proteggere un bene di tutti, la nostra casa, il Pianeta Terra.
Da poco sei entrata a far parte del gruppo dei “Climate Leader” del Vice Presidente degli Stati Uniti e Premio Nobel per la Pace, Al Gore, e della sua organizzazione “The Climate Reality Project”. Come si arriva a far parte di un gruppo di importanza internazionale?
Tenendo alta l’attenzione su temi di rilevanza internazionale e di interesse collettivo e monitorando i soggetti che, a livello mondiale, sono più credibili e autorevoli in materia, senza aver paura di contattarli. Nel corso del mio lavoro sulla Food Innovation ho avuto l’onore di incontrare Marc Buckley, imprenditore visionario, public speaker e grande innovatore, nonché coordinatore della rete dei climate leader di Austria e Germania. È stato lui a suggerirmi di entrare nel network di Al Gore. Poi ho mandato una semplice application quando hanno aperto i termini per partecipare alla formazione e sono stata selezionata.
Com’è stato il tuo primo approccio a “The Climate Reality Project”?
I giorni della formazione a Pittsburgh sono stati pieni di energia, ispirazione, idee dirompenti, incontri davvero straordinari e caratterizzati da un sentire comune. Da un forte senso di comunità e dalla consapevolezza che la questione ambientale e dei cambiamenti climatici è urgente, non ha confini, non tiene conto di chi sei ma di quello che fai e che è tempo di agire ora. Con questo spirito aperto, pronto ad ascoltare e imparare, ho affrontato il mio training e sto portando avanti le mie “climate actions”, aiutata dall’essere entrata in questa rete ed essere costantemente connessa con 12mila climate leader in 137 paesi.
Hai sempre avuto una particolare sensibilità verso le tematiche ambientali?
No. In passato vedevo la riconversione di aziende e startup a una economia verde, come possibile leva di competitività sui mercati nazionali ed internazionali. Questo continua a essere vero, lo dicono i numeri. Ma prima del 2015 non avevo mai sentito questa questione vitale e improcrastinabile. Invece, sono arrivati ExpoMilano2015 e, poi, la mia collaborazione con il Summit che ha portato il Presidente Obama a Milano, il 9 maggio 2017, a parlare di rapporto tra cibo, clima e innovazione. È stato questo percorso ad avermi aperto gli occhi. È per questo che adesso credo molto nel lavoro di formazione, informazione, educazione su questi temi. È fondamentale dare coscienza e consapevolezza alla gente, proprio come è successo a me.Non c’è nulla di male a non avere una sensibilità naturale su certi temi. Ma una volta capito di cosa stiamo parlando, ritengo una colpa il non attivarsi per risolvere questi problemi.
Tu, dalla Puglia ti sei trasferita a Milano dove ti sei rimessa in gioco ed hai continuato a operare nel tuo settore di consulenza alle imprese. Come vedi l’emigrazione che spinge i giovani, professionisti e non, verso altre regioni o verso l’estero?
Su questa questione, mi sento Massimo Troisi quando in “Ricomincio da tre” si sente sempre dare dell’emigrante e respinge questo stereotipo chiedendo: “ Perché? Un napoletano non può viaggiare ma solo emigrare?”. Credo che in un mondo globalizzato come il nostro, dove le connessioni, la facilità della mobilità e l’economia della conoscenza determinano nuovi valori e alimentano quotidianamente un patrimonio immateriale fondamentale per la crescita e lo sviluppo, lo spostamento del capitale umano sia fondamentale. In questa logica non mi sento emigrata. Per altro continuo a restituire molto alla Puglia, in termini di network e progettualità. Proprio in questi giorni sto supportando il Comune di Taranto in un percorso internazionale finalizzato ad agevolare scambi di prassi virtuose sull’ambiente.
Naturalmente questo discorso non è valido per gli oltre 200 milioni di immigrati previsti a causa dei cambiamenti climatici, spesso vittime degli 80 conflitti scatenati proprio dal surriscaldamento del pianeta. Il mio è un viaggio privilegiato e molto diverso. Forse è per questo che non lo chiamo migrazione.
Ritornando alle tematiche più strettamente ambientali, come vedi la situazione del clima a livello mondiale? Drastica e irreversibile?
Certamente la situazione è drammatica. È dimostrato che continuando il “business as usual”, l’uomo provocherà nei prossimi anni un aumento di oltre 4 gradi della temperatura del Pianeta, i cui effetti catastrofici sono classificati dagli scienziati come “unknown”. Oggi per avere più di due possibilità su tre di limitare il riscaldamento entro i 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, il totale complessivo delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane sin dall’inizio dell’epoca industriale dovrebbe essere limitato a circa 1.000 giga tonnellate di carbonio. Quasi la metà di questa quantità è già stata emessa prima della fine del 2011. Anche se le emissioni dovessero arrestarsi immediatamente, le temperature rimarranno elevate per secoli a causa dell’effetto dei gas serra già presenti in atmosfera e prodotti nel passato dalle emissioni derivanti dalle attività umane. È per questo che dobbiamo immediatamente stimolare l’approvvigionamento dell’energia da fonti rinnovabili per tutti i settori della nostra economia e della nostra vita e dobbiamo innovare settori come l’agroalimentare, responsabili di gran parte dell’inquinamento del pianeta.
Quanto risulta necessario che le imprese si adeguino, anche attraverso investimenti importanti, ai dettami europei ed internazionali che chiedono la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera?
È fondamentale. Oggi questo adeguamento è un imperativo etico, come ha scritto Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si”, ma è anche una grande opportunità di business, essendo il mercato molto più disponibile a spendere per prodotti “buoni per l’uomo e buoni per il pianeta” e, in alcuni casi, un obbligo di legge e un tema su cui i governi, compatibilmente con alcune lobbies che spesso ne guidano l’attività, stanno puntando (si pensi ai bilanci di sostenibilità, ndr).
Come vedi l’atteggiamento del presidente degli Usa che, abbandonando l’accordo di Parigi, sembra quasi negare l’esistenza di uno sconvolgimento planetario del clima?
Donald Trump è il volto più arrogante e volgare delle lobbies che, con un’economia verde, perderebbero nel breve termine importanti quote di mercato. La sua pretestuosa miopia e le sue posizioni sulle politiche ambientali sono pericolose e francamente avvilenti. Quello che mi fa ben sperare è che spesso questi personaggi grotteschi inneschino dei meccanismi contrari ai loro proclami. Delle reazioni incoraggianti e positive. Pensate che il training di Al Gore si è svolto a Pittsburgh proprio per la dichiarazione provocatoria di Trump quando si è ritirato dagli accordi di Parigi: “ Non prendo i voti di Parigi. Prendo i voti di Pittsburgh”. Ha sparato una città a caso. È questa dichiarazione che ha spinto Bill Peduto, il sindaco di Pittsburgh, a ribellarsi, a investire di più sulle rinnovabili, a firmare un accordo con il Comune di Parigi, a chiedere ad Al Gore di portare 1300 climate leader in città. A volte personaggi imbarazzanti e insensati come Trump diventano lo strumento per reagire, organizzarsi e dimostrare, in modo più coeso e forte, quanto torto abbiano e quanto grave sarebbe tacerlo, permettendo che prevalga il male.
Hai già un’idea dei progetti sull’ambiente che come “Climate Leader” proporrai in Italia? Quanto è importante la sensibilizzazione delle popolazioni e di tutto il settore economico?
Come detto, sto lavorando a un progetto che coinvolge il Comune di Taranto, grazie alla determinazione e visione del Vice Sindaco, Rocco De Franchi. Ho sentito anche il Sindaco e il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano al riguardo. Stiamo lavorando sodo per portare la questione di Taranto e dell’Ilva all’attenzione del mondo e in questo il “Climate Reality Project” è importantissimo. Ho attivato i climate leader di Boston, New York, Pittsburgh, Ontario, Europa. Inoltre farò delle presentazioni sul tema “ Cibo e clima: il ruolo dell’innovazione” a Foggia, Siena, Roma, Reggio Emilia, Milano e la prossima settimana a Budapest. Il mio sogno è che Taranto diventi un esempio di best practice a livello mondiale, per la sua capacità di riconvertire il vecchio sistema di produzione adottando le tecnologie più avanzate. Mi auguro che, dal punto di vista ambientale e della salute, l’economia tarantina diventi perfettamente sostenibile e ben integrata con la città e con la sua popolazione. Gli strumenti esistono. Occorrono solo convinzione e volontà!
È più efficace continuare nel processo di sensibilizzazione o si dovrebbe utilizzare la coercizione per evitare che la situazione si aggravi ulteriormente?
Per quanto grave è la situazione direi entrambe, se per per coercizione si intende rafforzare gli obblighi di legge a rispettare standard sempre più orientati a salvaguardare il Pianeta. Del resto, non abbiamo un Pianeta B. È questa la nostra casa e prendersene cura significa prendersi cura della nostra stessa vita.
Chi fosse interessato ad attivarsi e fare azioni concrete o a connettersi con la rete di Al Gore, può contattare Claudia Laricchia su facebook o twitter (seguendo @ClaudiaLarix) o può scrivere una email a claudiasprint@gmail.com
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