È proprio in questi giorni di caldo infernale, tra pomeriggi infuocati e notti insonni, che anche il più acerrimo negazionista del global warming è sopraffatto dal dubbio: forse il clima sta davvero cambiando.
Stretti fra l’assedio di Flegetonte prima e Caronte poi, sprofondiamo in pensieri cupi che prefigurano estati sempre più torride, siccità, ghiacciai squagliati, carestie e infezioni tropicali a tutte le latitudini.
Eppure è proprio quando siamo immersi in queste bolle di calore insopportabili che nella mia testa si fa largo un altro dubbio. L’uomo è senz’altro responsabile delle isole di calore urbane, ossia di quel riscaldamento locale che rende invivibili le città, ma siamo davvero convinti che il fattore umano possa condizionare le sorti del clima che per sua natura cambia da milioni di anni?
Qualcuno a bassa voce continua a sostenere che quello in cui ci troviamo è soltanto uno dei tanti cicli climatici nella storia del pianeta. Mi spingo oltre, soggiogato dal caldo: e se il riscaldamento globale di natura antropica fosse soltanto la più superba e vanitosa tesi mai elaborata finora dal bipede tracotante e devastatore?
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