Nel mio ultimo articolo apparso su rivistanatura.com – scusate se mi cito, è davvero poco elegante ma questa volta non posso farne a meno – ho tratteggiato il conflitto generazionale a cui sta dando vita Fridays for future, il movimento studentesco nato dalla spinta di Greta Thunberg.
Mi sono accorto solo nei giorni successivi alla scrittura di quelle breve considerazioni che altri stanno cavalcando con rabbia lo scontro tra i giovani studenti che disertano le lezioni per partecipare a manifestazioni in cui chiedono azioni concrete tese a contrastare il cambiamento climatico e i “dinosauri” che invitano a non fare allarmismi che non siano supportati dalla scienza. Qualcuno è arrivato a chiamare questi ultimi le “mummie del clima”.
In un velenoso articolo a firma di Ugo Bardi pubblicato da Il Fatto Quotidiano si spiega che sono in maggioranza persone anziane. Probabilmente è così, ma si avverte la fastidiosa sensazione che l’espressione anziano sia usata in modo discriminatorio per liquidare come imbecilli quelli che hanno qualche primavera in più sulle proprie spalle. Finiscono nel girone dei rimbambiti senili figure come il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia e il climatologo Franco Prodi, ex direttore dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr.
Attacchi del genere, che usano lo stesso linguaggio e gli stessi toni dei peggiori negazionisti del riscaldamento globale, non mi pare che facciano un buon servizio alla causa del clima. Chi è già convinto della gravità della situazione dovrebbe smetterla di alzare steccati per strappare qualche facile consenso e adoperarsi invece per rendere la questione comprensibile a tutti: scienziati e non, sostenitori dell’impronta umana sul climate change e scettici, giovani e anziani.
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