La seconda legge dell’ecologia illustrata nel celebre libro “Il cerchio da chiudere” recita così:
«Ogni cosa deve finire da qualche parte».
In natura non ci sono rifiuti e non c’è nemmeno “un posto lontano” dove le cose possono essere gettate, rimosse. Ciò che viene scartato da alcuni diviene risorsa per altri: è il ciclo della vita.
Da due secoli, con l’esplosione della rivoluzione industriale si sono moltiplicate sostanze e prodotti. Di alcune sostanze al principio non conoscevamo tutti gli effetti, solo in seguito abbiamo scoperto che avevano gravi e incontrollate conseguenze per gli habitat e gli esseri viventi.
Lentamente l’umanità sta prendendo coscienza che sarebbe più intelligente e utile conoscere in anticipo gli effetti che ogni sostanza può determinare sulle complesse catene biologiche e sulla loro sopravvivenza.
Nei sistemi naturali, invece, nulla scompare, ogni sostanza si trasferisce da un luogo all’altro. Una semplice variazione nelle forme molecolari che agiscono sui processi vitali dell’organismo di cui sono parte per un certo lasso di tempo.
Anche tra gli uomini, in un passato non tanto distante, la quantità di scarti era minima: si lavava il bucato con la cenere e i gusci delle uova si davano in pasto alle stesse galline che le avevano deposte. Nel presente invece è più difficile reinserire gli scarti nel ciclo della materia nonostante tutti i progressi ottenuti negli ultimi anni dalla filiera del riciclaggio.
Questa spinta inesorabile al consumo e allo scarto è in atto da tempo. Italo Calvino ne aveva colto il pericolo, che aveva tradotto in un racconto cosmicomico dai toni grotteschi e profetici.
Ne “Le figlie delle luna”, in un passato imprecisato, ma molto simile alla presente condizione consumistica, la luna, considerata un vecchio ingombro antiestetico, viene prelevata dal cielo con una gru e deposta in una discarica di New York, tra i rottami. Solo uno stuolo di ragazze nude, aiutate da un esercito di emarginati sociali, riesce a liberare l’astro che, rinascendo, trionferà sul mondo effimero dell’usa e getta
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