Le etichette sono eloquenti: rifiuti italiani – perlopiù confezioni di plastica – riempiono una discarica abusiva situata nella provincia di Smirne, in Turchia.
La denuncia arriva da Greenpeace, che ha condotto un’inchiesta sul traffico di rifiuti in plastica.
Plastica italiana in Turchia
Le immagini, riprese anche dai media turchi, mostrano le confezioni con scritte in italiano all’interno di un’area di stoccaggio non autorizzata.
Secondo quanto si apprende da una prima ricostruzione dei fatti, le immagini sono state scattate presso una fattoria a Est di Smirne dove, secondo la testimonianza del proprietario dell’area, un imprenditore italiano – che sarebbe anche l’affittuario del terreno – avrebbe scaricato almeno cinquanta balle di rifiuti plastici per poi scomparire nel nulla e rendersi irreperibile.
La differenziata serve davvero?
Il ritrovamento di “plastica italiana” in Turchia fa riflettere sulle traiettorie che compiono i nostri rifiuti. «La Turchia si sta trasformando in una discarica di rifiuti italiani ritenuti poco idonei al riciclo – spiega Greenpece –. Ma allo stesso tempo gli sforzi quotidiani di migliaia di cittadini nel separare e differenziare i rifiuti in plastica vengono vanificati da pratiche assolutamente illegali. Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che riciclare la plastica non è sufficiente, né tantomeno è la soluzione a un problema ben più grave: per evitare che situazioni come questa possano verificarsi in futuro, infatti, è necessario ridurre subito e drasticamente la produzione di plastica, a partire dall’usa e getta».
Chi produce i rifiuti e chi li smaltisce
Sul versante della produzione di plastica, l’Italia è detentrice di un poco lusinghiero record: un recente report di Greenpeace indica il nostro Paese come l’undicesimo esportatore mondiale di rifiuti di plastica.
Molti di questi finiscono nelle discariche di paesi dell’Asia, che vedono nell’import di rifiuti una risorsa economica.
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