Al di là della palizzata la foresta s’ergeva spettrale nel chiarore lunare, e attraverso l’agitazione indistinta, attraverso i fievoli suoni di quel miserabile recinto, il silenzio della terra vi giungeva dritto al cuore – col suo mistero, la sua grandezza, la stupefacente realtà della sua recondita vita.
Mi chiedevo se la perfetta quiete aleggiante sul volto di quell’immensità che ci contemplava racchiudesse un’invocazione o non piuttosto una minaccia. E noi che ci eravamo sperduti là dentro, cos’eravamo mai noi? Avremmo saputo padroneggiare quella cosa muta, o non sarebbe stata invece lei a padroneggiarci? Sentivo quanto immane, quanto tremendamente immane fosse quella cosa che non parlava, e che probabilmente era anche sorda. Che c’era là dentro?
Risalire quel fiume era come viaggiare all’indietro nel tempo verso i primordi del mondo, quando la vegetazione ricopriva tumultuosa la terra e i grandi alberi regnavano sovrani.
J. Conrad, Cuore di tenebra
Sono solo alcune delle parole che si possono leggere in Cuore di tenebra, di Joseph Conrad. In questo romanzo la foresta è una grande protagonista; si potrebbe anche dire che pervade i suoi invasori fino all’anima. Essa non sarà più solo all’esterno, ma anche all’interno dell’animo umano o almeno di coloro che osano attraversarla.
Senza dimenticare che Marlow, il protagonista, penetra nella foresta africana percorrendo un fiume. Tutto il romanzo è un viaggio – anche interiore – e il lettore viene catapultato insieme al protagonista in una foresta fitta che non lascia alternative. Un aggettivo, che spesso ricorre anche con sinonimi e che descrive la foresta, è misteriosa. Ovunque aleggia un non so che di strano, impercettibile, misterioso che porta Marlow (e con lui il lettore) a porsi molte domande, ad avere una riverenza, un timore per quell’inespugnabile foresta che fa immaginare tempi originari, in cui la vegetazione ricopriva tumultuosa la terra e i grandi alberi regnavano sovrani.
E in effetti la foresta in sé non è malvagia o buona, essa è. Probabilmente reagisce in modo diverso a seconda di come la sua ospitalità venga rispettata o meno.
Sicuramente, oltre agli altri insegnamenti che Conrad ci dona, possiamo ricordaci questo: forse sarebbe opportuno scrutare nel cuore di una foresta, rimanere affascinati dal suo silenzio, dal suo essere impenetrabile, rispettare i suoi tempi, la sua grandezza, il suo mistero. E dopo aver letto il romanzo, poterci accostare a quei giganti verdi chiedendoci: «Che cosa siamo mai noi? Che c’è la dentro?».
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