È stata presentato a Milano uno studio coordinato da Renata Alleva, ricercatrice presso IRCCS Rizzoli di Bologna e nutrizionista, e supportato da Conapi, il Consorzio che riunisce oltre 600 apicoltori in tutta Italia, dal quale si evince che i polifenoli contenuti nel miele riducono i danni al DNA indotti da esposizione a pesticidi.
Lo studio si è sviluppato in due fasi. Nella prima, condotta in vitro, sono stati analizzati contenuto, profilo polifenolico e potere antiossidante di quattro varietà di miele: acacia, castagno, bosco e arancio. Il miele di bosco è risultato il più ricco in polifenoli e con il più alto potere antiossidante, pertanto è stato selezionato per il test seguente.
Sono state esposte delle cellule a due pesticidi comunemente usati in agricoltura convenzionale, clorpirifos e glifosate, e si è osservato che questo induceva alla formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e alla riduzione dell’attività di riparazione con conseguente formazione di lesioni al DNA. Si è inoltre osservato che l’aggiunta di polifenoli, estratti dal miele, nel sistema cellulare, ha inibito la formazione di ROS, attivato i sistemi di riparazione e riparato il danno al DNA.
Sulla base di questi risultati, l’effetto protettivo del miele è stato studiato in vivo su una popolazione cronicamente esposta a pesticidi: un campione di residenti in Val di Non (Trentino), in prossimità di aree a coltivazione intensiva di mele.
I soggetti arruolati in diversi periodi dell’anno (nulla, bassa e alta esposizione di pesticidi) presentavano elevati livelli di residui urinari di clorpirifos e diminuita attività di riparazione del DNA. Un accumulo di danni al DNA era visibile sia nei periodi di bassa che alta esposizione. La somministrazione di 50 grammi giornalieri di miele di bosco biologico per 10 giorni ha determinato un aumento dell’attività di riparazione con conseguente riduzione del danno.
«Lo studio», ha spiegato Renata Alleva, «dimostra come l’alimentazione, anche in condizioni ambientali sfavorevoli possa essere di aiuto a contrastare i danni indotti dall’ambiente. Pur con la dovuta attenzione che oggi si pone al contenuto di zuccheri della dieta – siamo a Milano, nella patria del professor Franco Berrino (famoso epidemiologo e convinto assertore dell’utilità di una dieta “corretta” per evitare l’insorgere di tumori, ndr), e non possiamo trascurare l’implicazione che hanno rispetto all’aumento di diabete e patologie tumorali – questa ricerca conferma che in quantità adeguate il miele, grazie al suo contenuto polifenolico è un dolcificante naturale che può avere un effetto salutare maggiore rispetto ad altri zuccheri».
La presentazione dell’indagine è stata l’occasione per riflettere più in generale sul futuro dell’agricoltura. «Siamo su un treno lanciato verso il precipizio», ha dichiarato Diego Pagani, Presidente Conapi, «occorre mettere una mano sul freno».
Interessante il contributo di Fabio Taffetani, docente di botanica e Presidente PAN-Italia: «Il 60/70 per cento del territorio italiano è in mano a un’agricoltura che non dialoga ancora in modo adeguato con l’ambiente. Quando l’interesse economico prevale totalmente su quello generale – e fra gli interessi generali c’è la tutela della biodiversità – i danni colpiscono soprattutto le fasce più deboli della popolazione».
Con poche, ma efficaci fotografie Taffetani ha mostrato in modo inequivocabile il modello dominante nell’agricoltura nazionale, un modello di stampo chiaramente industriale dove si coltiva su superfici sempre più ampie e impiegando meno manodopera, al cui interno la pratica del diserbo viene eseguita ovunque col glifosate. «Dovremmo produrre meno, ma con più qualità», ha affermato il presidente di PAN-Italia.
Gli ha fatto eco Daniela Sciarra, Coordinatrice Agricoltura Legambiente: «L’agricoltura integrata, uno dei metodi di produzione sostenibile che riceve sostegni e sovvenzioni, non ha ancora prodotto risultati significativi».
Insomma, c’è agricoltura e agricoltura. È sbagliato guardare a questa pratica come a una risposta sempre e comunque corretta. L’agricoltura intensiva, che è la forma più diffusa oggi, è inquinante e affatto ecosostenibile. Per di più si è dimostrata inutile anche a sfamare l’intera popolazione mondiale.
E c’è pure miele e miele. L’importante incontro milanese si è chiuso non senza una coda di polemiche. Come ha spiegato in questi giorni Coldiretti, nel 2015 un barattolo di miele su due in vendita in Italia è stato in realtà prodotto all’estero.
«Questa ricerca», ha commentato Diego Pagani, Presidente Conapi, «conferma che il miele è un elemento davvero eccellente per il nostro benessere. Però occorre che sia miele buono e pulito, ed è questo l’impegno che noi di Conapi stiamo portando avanti con convinzione».
In chiusura è stato precisato che, oltre a provenire dall’estero, Cina in particolare, molto del miele industriale trattato in Italia viene pastorizzato, un trattamento termico ad alte temperature che altera o distrugge gran parte degli enzimi e delle vitamine presenti.
“Tutto il miele è finito” titolava un libro di Carlo Levi. Non è così, il miele è vivo e ci viene ancora in aiuto. Ma noi dobbiamo saper scegliere.