Grazie al loro brevissimo ciclo vitale, le zanzare mutano i geni in continuazione, diventando sempre più resistenti alle condizioni ambientali.
Non si può certo dire che possiedano il fascino di libellule o farfalle, ma conoscendole meglio si scopre che le zanzare vantano una storia di grandi successi. Oggi, assieme alle formiche, sono tra i gruppi animali più rappresentati a livello mondiale, Italia compresa.
Ma come sono riuscite a colonizzare il globo apparentemente senza specifiche caratteristiche morfologiche? Diversamente da api e vespe, infatti, non sono volatori rapidi, né instancabili e non possiedono difese chimiche né potenti pungiglioni.
Il loro segreto risiede, invece, nei numeri: una femmina della classica zanzara, Culex pipiens, può deporre in una settimana fino a 500 uova in grado di svilupparsi rapidamente. In ambienti caldi e umidi il ciclo vitale, ovvero il passaggio da uovo a femmina in grado di deporre, si completa in una decina di giorni, più velocemente di qualsiasi altro insetto di pari dimensioni. Questa peculiarità fa sì che la zanzara vada incontro a frequenti mutazioni genetiche e quindi si adatti in tempi rapidi ai cambiamenti ambientali.
Ogni specie ha un habitat d’elezione dove depone le uova: nelle acque fresche, stagnanti o a lento flusso, tipiche delle zone naturali, prevalgono le Anopheles, spesso ornitofile (che pungono gli uccelli), mentre in acque più calde a elevato carico organico, come fognature, tombini, caditoie stradali e raccolte d’acqua temporanea, domina la Culex pipiens che predilige l’uomo.
Anche le cavità degli alberi possono diventare focolai per alcune specie, fra cui Aedes albopictus, Aedes geniculatus e Anopheles plumbeus.
Le odiose punture
Le zanzare individuano le loro prede percependone a distanza le emissioni di anidride carbonica, la temperatura e il sudore. Sono ghiotte di mammiferi e uccelli: rettili e anfibi sono meno appetibili per la natura dell’epidermide e la temperatura corporea regolata esternamente.
La puntura della zanzara non è quasi mai percepita dalla vittima grazie alle particolarità dell’apparato boccale pungente-succhiatore della femmina (il maschio si nutre solo di sostanze zuccherine), è costituito da una sorta di proboscide atta a perforare la pelle del soggetto.
Al momento della puntura, la zanzara emette una saliva contenente sostanze anti-coagulanti utili a richiamare una maggior quantità di sangue nella zona colpita. A questi composti si deve la caratteristica irritazione locale e il relativo prurito. Ciascuna femmina è in grado di succhiare una quantità di sangue pari al doppio del proprio peso corporeo e in queste condizioni può anche levarsi in volo, sebbene con prestazioni non eccellenti.
Lotta biologica
A partire dalla fine degli anni Sessanta, il cambiamento delle pratiche agricole nelle risaie (in particolare l’esecuzione ripetuta delle “asciutte”, ovvero l’alternanza di allagamenti volti a fortificare il riso) ha involontariamente portato all’aumento vertiginoso di una specie particolarmente molesta, la Ochlerotatus caspius. Oltre ai larvicidi esistono metodi di lotta biologica come, per esempio, una gestione degli ambienti favorevole al ripopolamento dei predatori naturali delle zanzare, come le larve delle libellule.
Ma il vero protagonista della lotta biologica alle zanzare è un microrganismo. Si tratta del Bacillus thuringiensis var. israelensis (noto come Bti), un batterio aerobio Gram-positivo presente naturalmente nel terreno.
Isolato da ricercatori israeliani nel 1976, il Bti produce quattro tossine in grado di paralizzare le funzioni intestinali delle larve di zanzara che lo ingeriscono. L’azione simultanea delle tossine esclude la possibilità che si selezionino ceppi larvali contemporaneamente resistenti a tutte quattro. Il prodotto a base di Bti, distribuito nelle risaie anche con gli elicotteri, è molto selettivo in quanto colpisce le zanzare e i ditteri con larve acquatiche filtranti ma è innocuo per l’uomo e gli altri animali. Nelle aree dove è stato usato si è registrato un abbattimento del numero delle larve superiore al 90%.
Spesso per contrastare le zanzare sono state impiegate anche le gambusie (Gambusia affinis), piccoli pesci di origine americana. Controversa è l’efficacia di questi interventi perché le gambusie sono predatori non selettivi che in molti casi arrecano più danni alla fauna autoctona, soprattutto anfibi e insetti, che benefici.
Anche le zanzare, però, hanno un ruolo nella catena alimentare: le larve sono cibo per molti organismi acquatici mentre gli adulti costituiscono il pasto principale di molti predatori, purtroppo insufficienti a tenere sotto controllo la loro inarrestabile avanzata.
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