In quel grande universo che è il mare, il plancton potrebbe essere paragonato agli asteroidi, che attraversano lo spazio seguendo rotte determinate da forze più grandi di loro. Gli organismi planctonici, nella loro incredibile varietà, fanno lo stesso e vagano nelle immensità marine trasportati dalla forza delle correnti alle quali possono opporre un contrasto limitato.
Tra le molte specie che contribuiscono a formare il plancton, un posto di rilievo è occupato dagli Ctenofori, un gruppo specializzato costituito in gran parte da soggetti la cui forma richiama a prima vista delle splendide palline di Natale fatte di cristallo. In realtà, come potete vedere dalle foto di questa pagina, scattate da David Salvatori, le forme possono variare passando da globose a nastriformi, a lobate e compresse pur conservando sempre una straordinaria bellezza aumentata da una particolare luminosità. Gli Ctenofori, infatti, sembrano illuminati da led iridescenti, ma non si tratta di vere luci quanto, piuttosto, di giochi di luce che dipendono da fenomeni ottici puramente fisici.
Se volessimo definire otticamente questi animali – particolari anche per il fatto di non avere un corpo divisibile da un unico piano di simmetria (simmetria bilaterale) come la quasi totalità degli organismi marini e non –, li potremmo definire come esseri viventi che brillano non già di luce riflessa, ma di luce rifratta. Responsabili di quest’illuminazione sono una serie di palette (fino a 8 nelle specie globose) dette cteni. Il termine deriva dal greco kteis che significa pettine (da cui ctenofori, portatori di pettini, che in inglese diventa letteralmente comb jelly). Tali palette sono disposte in file meridiane e costituite ciascuna da una serie di ciglia il cui battito si propaga lungo il corpo in onde sinuose da un’estremità all’altra. Coordinate e regolate da un organo specializzato, che rileva in continuazione la posizione dello ctenoforo nello spazio, le palette vibrano intercettando i raggi luminosi e trasformandoli per rifrazione in minuscoli arcobaleni.
Così descritti gli ctenofori sembrano soltanto esseri delicati ed eterei che vagano per il mare, cullati dalle correnti, ma non è per nulla così. Queste “bestioline” sono predatori voraci pronti a fagocitare tutto ciò che incontrano sulla loro strada e che catturano per mezzo di tentacoli – per la verità non sempre presenti in tutte le specie – dotati di cellule adesive che intrappolano piccoli crostacei planctonici, uova, larve di pesci o anche organismi più grossi.
Uno dei più voraci è Mnemiopsis leydi, una specie invasiva originaria delle coste atlantiche del continente americano che, durante gli Anni 80, fu introdotto erroneamente nel Mar Nero tramite le acque di zavorra di petroliere.
Lì trovò un ambiente favorevole al suo sviluppo e si moltiplicò formando vaste aggregazioni che, nutrendosi soprattutto di uova e larve di pesce, nel giro di pochi anni decimarono gli stock di pesci del Mar Nero già indeboliti da una pesca eccessiva.
Dal 2001 questo insospettabile “lupo” dall’aspetto delicato ha cominciato a fare la sua comparsa in Mediterraneo risalendo dapprima lungo l’Adriatico, dove da alcuni anni è segnalato in quantità sempre più abbondanti, e giungendo poi anche nel Mediterraneo occidentale diventando un sorvegliato speciale da controllare a vista.
Si ringraziano Isabella D’Ambra (Stazione Zoologica di Napoli) e Steven Haddock (Monterey Bay Aquarium Research Institute) per la cortese collaborazione.
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