Siamo soliti pensare alle provocazioni come qualcosa di negativo, ma non è sempre così. A volte una provocazione ci chiama ad essere più attenti verso la realtà, ci richiama a qualcos’altro, magari anche a noi stessi. Sono alcuni dei segnali che spesso il poeta americano Edward Estlin Cummings decide di lanciare con i suoi particolarissimi versi. Ad una prima lettura è probabile lasciar perdere e confidare a se stessi che non si capisce nulla, ma con un po’ di pazienza e una rilettura più lenta, sarà tutto più chiaro.
In questa poesia il poeta definisce la gente brutta, soprattutto se paragonata ai fiori che sono incredibilmente belli. Naturalmente non si sta facendo di tutte le erbe un fascio, ma se ci guardiamo attorno forse è inevitabile farci un pensiero a proposito. Si parla sempre di bellezza e si vuole sempre stimolare le persone a cercarla e coltivarla, ed è giusto! Proprio perché l’uomo (la Natura per definizione non potrebbe) diffonde la bruttezza, la cattiveria, l’odio. Non si può restare indifferenti e non sempre una carezza può risultare efficace per tutti: spesso può essere utile una scrollata di spalle da chi ne sa più di noi, da chi ha vissuto un’esperienza particolare e vuole esserne testimone. È il caso di Cummings, testimone di bellezza e bruttezza dell’essere umano. Ovviamente il confronto non ha paragoni, i fiori sono indicibilmente belli e come si può superare tale bellezza? Già nel Vangelo di Matteo (6, 28-29) si legge una riflessione di Gesù a proposito: «Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro». È proprio questo il contesto in cui leggere questi versi.
Dunque, accogliamo la provocazione di Cummings, interroghiamoci e alziamoci di conseguenza.
«ma perché»
il
maggiore
dei
maghi viventi (che
tu e io
qualche
volta chi-
amiamo aprile) spesso
si sarà
chiesto
«tanta
gente è così
(quando i fiori) in
credibilmente
(sempre sono belli)
brutta»
E. E. Cummings