I cambiamenti climatici sono il fulcro di ogni discussione, notizia o evento, continuano a essere altamente impattanti su di noi e sul nostro pianeta con effetti nocivi e, la lista di quest’ultimi purtroppo non smette di allungarsi. Da poco si è aggiunta l’ennesima conseguenza negativa, ovvero la resistenza agli antimicrobici, considerata dall’Organizzazione mondiale della sanità tra le dieci principali minacce globali di salute pubblica.
È il rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep) “Bracing for Superbugs”, a far scattare il campanello d’allarme, portando alla luce prove indiscutibili di come il cambiamento climatico abbia un ruolo decisivo nel contribuire all’accrescimento e all’espansione dei super-microbi.
Il messaggio che lancia questo report è chiaro: da adesso in poi la medicina moderna avrà notevoli difficoltà nella cura anche delle infezioni più lievi.
Dunque, a scatenare tutto questo ci sono i cambiamenti climatici, che insieme ad altri i fattori ambientali come l’inquinamento, la perdita della biodiversità e l’urbanizzazione, svolgono un ruolo importante nello sviluppo, nella trasmissione e nella diffusione della resistenza antimicrobica. L’aumento delle temperature favorisce infatti, sia il tasso di crescita batterica sia il tasso di diffusione tra i microrganismi dei geni resistenti agli antibiotici.
Tutto il pianeta è a rischio
La resistenza antimicrobica è la capacità sviluppata da batteri, virus e funghi di sconfiggere i farmaci progettati per ucciderli, ed è stata responsabile direttamente e indirettamente, di circa 5 milioni di decessi in tutto il mondo nel 2019.
Secondo il nuovo rapporto, entro il 2050 la stima annuale potrebbe aumentare a ben 10 milioni, pari al numero di decessi per cancro registrato nel 2020, se non verranno prese misure per fermarne la diffusione.
È appurato come ci sia stato finora e, continua ad esserci, un uso eccessivo e inappropriato degli antimicrobici: alcuni microrganismi non vengono sconfitti da queste sostanze chimiche, anzi diventano man mano sempre più forti e più potenti, riuscendo a divulgare i loro geni resistenti a germi che non sono mai stati esposti ai farmaci.
La resistenza antimicrobica ha profonde ripercussioni anche sull’economia, il report delle Nazioni Unite prevede una diminuzione del prodotto interno lordo (PIL) di 3,4 trilioni di dollari all’anno entro la fine del decennio, ottenendo così la povertà estrema per circa 24 milioni di persone.
I settori farmaceutico, agricolo e sanitario sono infatti, cruciali per lo sviluppo e la diffusione della resistenza antimicrobica nell’ambiente, non mancano all’appello anche gli inquinanti provenienti da scarse condizioni igienico-sanitarie, fognature e sistemi di rifiuti urbani.
«L’inquinamento dell’aria, del suolo e dei corsi d’acqua mina il diritto umano a un ambiente pulito e sano. Gli stessi driver che producono il degrado ambientale stanno peggiorando il problema della resistenza antimicrobica. Gli impatti della resistenza antimicrobica potrebbero distruggere la nostra salute e i nostri sistemi alimentari» afferma Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep.
Fare qualcosa in fretta
Sia il cambiamento climatico che la resistenza antimicrobica si stanno velocemente acutizzando. Per fermarli c’è bisogno di mettere in campo azioni mirate, iniziando dalla parsimonia nell’utilizzo degli antibiotici.
Bisogna inoltre, riconoscere che la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell’ambiente sono interconnesse.
«Man mano che ci avviciniamo a un clima più estremo, soprattutto durante gli eventi di caldo, i gradienti che guidano l’evoluzione della resistenza in effetti accelereranno. Frenando l’aumento delle temperature e gli eventi estremi possiamo effettivamente ridurre la probabilità di sviluppare nuova resistenza» sostiene David Graham, tra gli autori del rapporto.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com