I fiori di loto della pianta acquatica perenne (Nelumbo Nucifera), appartenente alla famiglia delle Nymphaeaceae originaria dell’India, che si è diffusa anche in altri continenti grazie alla sua progressiva introduzione a scopo ornamentale già a partire da qualche migliaio di anni fa, hanno proprietà ben note in cosmesi: i semi sono ricchi di collagene che combatte l’invecchiamento e l’inaridimento cutaneo; dai petali si estrae un unguento lenitivo e rinfrescante.
Nei Laghi di Mantova la specie è stata introdotta a partire dal 1921 da Maria Pellegreffi, una giovane laureata in Scienze Naturali. La grande disponibilità di nutrienti, le alte temperature estive e le basse profondità del Lago Superiore e della Riserva Naturale delle Valli del Mincio hanno favorito lo sviluppo della specie con estese coperture, in costante espansione.
Un progetto di economia circolare
Il Parco del Mincio ha avviato una sperimentazione destinata a verificare la possibilità di riuso della biomassa di questa specie a fini cosmetici. Il progetto si chiama “Rilotus” ed è già alle prime fasi con la raccolta di alcuni campioni di fiori, da destinare all’essicazione alla successiva estrazione di principi attivi da destinare all’uso cosmetico con la partnership di un’industria di rilevanza internazionale.
«I fiori di loto sono presenti nel lago Superiore da 100 anni e sono diventati un’icona di bellezza per Mantova, risorsa di attrazione turistica e così continuerà ad essere. Ogni anno il Parco investe migliaia di euro per effettuare sfalci mirati a ridurne l’estensione – spiega il Presidente del Parco Maurizio Pellizzer – ma la gran massa vegetale che in ogni caso si forma, a fine stagione si deposita sul fondo del lago accumulando così ogni anno una grande quantità di carico organico. Se la sperimentazione avrà successo si potrà proseguire nella ricerca di ulteriori partner interessati al riutilizzo delle fibre presenti nei fusti e nelle grandi foglie, recuperando così la biomassa e ottenere due risultati in uno: tenere sotto controllo lo sviluppo delle formazioni e riutilizzare una risorsa naturale».
La sperimentazione è stata avviata grazie al finanziamento ottenuto dalla Fondazione Banca Agricola Mantovana che ha messo a disposizione del Parco le risorse necessarie ad avviare questa prima fase.
Alle spalle c’è un lavoro di ricerca e verifica di fattibilità portato avanti assiema al Parco dai due partner di progetto: la Cooperativa sociale Santa Lucia di Asola che mette a disposizione il personale necessario alla separazione dei fiori, confezionamento protetto e conferimento all’essicatoio e Econsulting-SostenAbility.
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