Il Taraxacum officinale, o dente di leone, è conosciuto da tutti per il suo fiore giallo oro, che a primavera colora i nostri prati, ma ancor di più per i suoi soffioni che nel tempo della sfioritura, sospinti del vento, portano i semi lontano.
Apprezzato fin dall’antichità per le sue proprietà depurative, il tarassaco è oggi fonte di ispirazione per l’ingegneria, grazie a una ricerca condotta dall’Università di Trento che, proprio grazie allo studio della capacità dei soffioni immersi in acqua di immagazzinare aria, apre la strada allo sviluppo di nuovi dispositivi di ingegneria bio-ispirata.
Osservare per scoprire
A dare il via alla ricerca, pubblicata nell’articolo “Air-encapsulating elastic mechanism of submerged Taraxacum blowballs” dalla rivista scientifica Materials Today Bio, sono state le osservazioni di una giovanissima studentessa, come racconta Nicola Pugno, coordinatore del laboratorio sui materiali bio-ispirati al Dipartimento di Ingegneria civile ambientale e meccanica dell’ateneo trentino: «Mia figlia, che frequenta la prima superiore, aveva osservato che i soffioni, se immersi in acqua, diventano argentei perché accumulano aria. Il collega Diego Misseroni e io siamo partiti da qui, quantificando per la prima volta questa capacità».
Un esempio da imitare
Sulla base di questa semplice osservazione il team di ricercatori è andato quindi a misurare, con l’ausilio di formule analitiche, le proprietà meccaniche che danno origine al fenomeno naturale, per poterle poi riprodurre con processi di ingegnerizzazione. E lanciare così una nuova sfida all’ingegneria bio-ispirata, al fine di realizzare, grazie alla miniaturizzazione di componenti simili ai soffioni, dispositivi innovativi, dal peso e costo contenuti, per incapsulare e trasportare le bolle d’aria sotto acqua, con possibili applicazioni, ad esempio, nel settore delle immersioni subacque.
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