Penso sia utile affrontare la questione della crisi ecologica come una crisi della percezione, una crisi della maniera in cui sperimentiamo, con i nostri corpi animali, i suoni, gli odori, il mondo attorno a noi.
Sembra che non percepiamo più le foreste, le montagne, i fiumi come viventi quanto noi.
David Abram
Ci sono tanti studi oramai che affrontano il problema ecologico mondiale a cui stiamo assistendo; e forse il problema si cela dietro a questo verbo, assistere.
Non è più tempo di assistere al problema della crisi ecologica e basta; non è più tempo di guardare e pensare che sicuramente qualcuno farà qualcosa.
È giunto il tempo in cui ciascuno deve scendere in campo, in piazza, in qualunque luogo metaforico, simbolico ma soprattutto pratico, reale. Il tempo lo sappiamo scorre veloce, non in modo implacabile, è inutile giudicare lo scorrere del tempo, esso è così, in divenire.
Quindi il richiamo della Terra è forte, chiaro: un invito a tutte le creature per risolvere questa crisi che sta portando tutto e tutti al collasso, anche se non ne parlano come si dovrebbe, probabilmente perché salvaguardare un ecosistema non produce un utile.
Noi non dobbiamo desistere e, dopo aver fatte nostre le parole di papa Francesco che in Laudato si’ introduce il concetto di ecologia integrale, usciamo di casa a percepire cosa significa vivere la Natura, capendo cosa stiamo perdendo, tutti.
La crisi ecologica è crisi dell’umano, crisi di una data sensibilità, crisi, per dirla con il filosofo ed ecologista David Abram, della percezione.
Usciamo, in ogni stagione, per sperimentare con i nostri corpi animali, i suoni, gli odori, il mondo attorno a noi, con tutto noi stessi, con il nostro spirito e il nostro corpo, perché il contatto con la Natura si sente, si tocca, si ode.
Diventa sempre più difficile a volte, non impossibile, andando anche solo in gita in montagna con la scuola o con l’oratorio ad esempio, vedere ragazzi che si stupiscono per quello che vedono, che si perdono con lo sguardo, mentre sono attenti spesso a fare foto e basta.
Non nascondiamoci, meravigliamoci, interroghiamoci, rimaniamo “imbambolati” di fronte ad una costa frastagliata, di fronte alla bassa marea, al nido di un merlo, ad una sorgente in una foresta, ad una vetta innevata, alla vita. Se solo alzassimo lo sguardo!
Fare esperienza con la Natura significa allenare quella percezione che in realtà ci porta ad essere migliori; significa coltivare quella sensibilità che è umana e così il nostro essere potrà essere completo. A che pro, infatti, rispettare la Natura e disprezzare le persone con arroganza ed egoismo? Cosa ha insegnato allora l’amore verso la Natura stessa?
Viceversa, a che pro essere caritatevole con il prossimo se si disprezzano le altre creature, se si è indifferente alle catastrofi causate dall’uomo o se anche solo si gettano schifezze a terra?
La completezza umana è importante e salva anche da una certa ipocrisia sempre più diffusa.
Lo sappiamo da tempo oramai, molte voci si sono alzate, in coro o come soliste, umane, vegetali, animali, spirituali: tutto è vita!
Riscopriamo dunque quella percezione sopita in noi, per sapere che le foreste, le montagne, i fiumi sono viventi quanto noi.
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