In un periodo compreso tra 15 e 3,6 milioni di anni fa, gli oceani preistorici erano popolati da giganteschi squali. Il più noto, il Megalodon, assomigliava ai grandi squali bianchi dei mari di oggi. I ricercatori sono riusciti a ricostruire il suo aspetto partendo dallo studio di un set incompleto di vertebre fossili appartenenti a un unico esemplare di Megalodon scoperto in Belgio nel diciannovesimo secolo.
Un nuovo studio scientifico, a cui ha preso parte anche il dottor Alberto Collareta, paleontologo presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, unico ateneo italiano ad aver preso parte allo studio, ha dimostrato infatti che il gigantesco squalo – noto con il nome scientifico di Carcharocles megalodon (Otodus megalodon) – era più slanciato di quanto suggerito dagli studi precedenti.
«Nei romanzi e nei film di fantascienza il Megalodon è tipicamente rappresentato come uno squalo mostruoso e dalle proporzioni titaniche. Ciò non deve stupire, in quanto la taglia massima di questo squalo, uno dei più grandi predatori marini mai esistiti, è oggi stimata intorno a 15-20 metri di lunghezza e vi sono pochi dubbi riguardo alla sua dieta ipercarnivora» spiega il dottor Alberto Collareta, del team di scienziati internazionali autori dello studio.
«Comprendere la biologia, l’evoluzione e l’estinzione del Megalodon è importante alla luce dell’impatto significativo che tale specie deve aver avuto sull’ecologia e sull’evoluzione degli ecosistemi marini che hanno dato origine agli oceani moderni. Tuttavia, la documentazione fossile del Megalodon è quasi essenzialmente rappresentata dai caratteristici enormi denti, mentre i reperti scheletrici sono estremamente rari» continua il ricercatore, unico italiano del team.
Lo studio, dal titolo “White shark comparison reveals a slender body for the extinct megatooth shark, Otodus megalodon (Lamniformes: Otodontidae)” è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Palaeontologia Electronica.
Sebbene, va precisato, in assenza di reperti scheletrici completi l’esatta forma del corpo del Megalodon rimanga ancora incerta, i risultati presentati in questa nuova ricerca rappresentano un passo avanti significativo verso la sua ricostruzione.
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