Il dubbio è stato sollevato dal professor Daniel Blumstein, della University of California, attraverso un report pubblicato su Trends in ecology & evolution nel quale si ipotizzano eventuali rischi per la fauna selvatica derivanti dall’incremento dell’ecoturismo.
Sebbene nella definizione stessa di ecoturismo siano compresi i concetti di rispetto della Natura e di basso impatto ambientale sui luoghi visitati, Blumstein sostiene che potrebbero esserci degli effetti a lungo termine sul comportamento della fauna. Secondo questa ottica gli animali selvatici, abituandosi alla presenza dell’uomo, potrebbero abbassare il loro livello di guardia e diventare quindi più vulnerabili alla predazione e al bracconaggio, seguendo un processo che Blumstein ha paragonato all’addomesticazione.
Le motivazioni alla base del monito lanciato dagli studiosi statunitensi sono comprensibili, tuttavia non sono mancate le critiche. In effetti il paragone con l’addomesticazione suona un po’ azzardato, soprattutto perché il rispetto dell’ambiente è totalmente intrinseco, e necessario all’esistenza stessa, del concetto di ecoturismo.
La definizione coniata dall’International Ecotourism Society è: “L’ecoturismo è un modo responsabile di viaggiare in aree naturali, conservando l’ambiente e sostenendo il benessere delle popolazioni locali”.
Un problema di numeri e di risorse
Parlare quindi di impatto dell’ecoturismo è improprio, il vero rischio è la sua trasformazione in turismo massificato, nella modalità più che nei numeri. Le cifre, infatti, sono già di massa: nelle aree protette del mondo si stima che le visite siano 8 miliardi ogni anno. Il giro d’affari è di circa 600 miliardi di dollari l’anno; per contro, però, solo 10 miliardi vengono spesi per la protezione e il mantenimento delle stesse aree naturali.
Il vero problema forse è proprio questo, cioè fare in modo che l’enorme quantità di denaro generata sia messa a servizio di chi vive nelle aree protette, cosicché possa prendersene cura per una vita intera. Non a caso tra i nobili scopi dell’ecoturismo c’è anche quello di contribuire al sostentamento delle popolazioni locali e fornirgli così un’alternativa allo sfruttamento spesso intensivo delle risorse naturali.
L’aumento costante del flusso ecoturistico necessita senza dubbio il giusto grado di attenzione, e in questo la questione sollevata da Blumstein è stata sicuramente d’aiuto. In ogni caso esistono già alcuni esempi di programmi di regolazione del flusso di turisti proprio per evitare il rischio di impatto con l’ambiente e gli organismi che lo popolano.
Quindi l’ecoturismo rappresenta una nuova minaccia per la fauna selvatica? Probabilmente no, a patto che rimanga ecoturismo e non si trasformi in qualcosa di diverso.
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