Uno scritto di colui che dovrebbe essere uno dei padri filosofici, letterari e spirituali del Nord America, Ralph Waldo Emerson, riporta l’immaginata risposta della natura a quella che forse è una malsana abitudine dell’uomo: ragionare per compartimenti stagni.
Ci sono viali alberati? Bisogna mantenerli in sicurezza, “potiamo normalmente” le piante lasciando solo il tronco, così i rami non cadono; ci sono troppi alberi su una rivetta? Meglio pulirla e mettere altro, così è in ordine; devo produrre una gran quantità di albicocche? Sacrifichiamo la qualità e spremiamo le piante, “spalmando” sostanze che rendano l’albicocca perfetta.
Nuovamente la risposta della natura non si fa attendere ed è sotto il nostro naso. Guardiamo alla sua totalità: avvolgiamoci in essa e scopriremo che se ci alleiamo alla natura, i benefici che ne potremo trarre saranno infiniti.
La natura sembra ribattere: «Non ho puntato una posta così grande come il mio successo su una singola creatura. Non ho ancora raggiunto nessun fine. Il fine del giardiniere è quello di produrre una bella pesca o una bella pera; il mio è la buona salute dell’albero intero, – radice, tronco, foglie, fiori e semi – e non certo la soddisfazione che può dare un enorme frutto ai danni di tutti gli altri elementi». In breve, ecco lo spirito e la peculiarità di quell’impressone che la natura esercita su di noi: essa non esiste per realizzare uno solo o un limitato numero di fini, bensì innumerevoli e infiniti benefici; non vi è in essa una volontà particolaristica, una foglia o un ramo ribelle, tutto è invece oppresso dall’incombere di una direzione e obbedisce a quell’esubero ed eccesso di vita che negli esseri coscienti chiamiamo estasi.
Ralph Waldo Emerson, Il metodo della natura
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