In una sperduta regione dello Utah sopravvivono delle autentiche icone del vecchio West: i Bisonti delle Henry Mountains.
Nel 1940, venti bisonti furono presi dal parco di Yellowstone e “trapiantati” in una zona desertica vicino al Robbers Roost Canyon, luogo famoso per essere stato il nascondiglio del bandito Butch Cassidy.
Nel periodo successivo la piccola mandria si spostò in cerca di una zona adatta e si stabilì circa 80 Km a sud-ovest, nelle Henry Mountains. I bisonti si moltiplicarono e diedero vita a una popolazione che oggi conta 350 individui.
Fin qui sembra una storia come tante, ma non lo è, perché quelli delle Henry Mountains sono Bisonti americani (Bison bison) geneticamente “incontaminati”, una vera rarità.
Nel corso degli anni infatti gli allevatori hanno cercato di incrociare mucche e bisonti per ottenere bestiame con le migliori caratteristiche di entrambe le specie, e occasionalmente sono stati i bisonti stessi a farsi tentare dalle irresistibili mucche al pascolo. Il risultato è che gran parte dei bisonti americani in vita oggi, contengono pezzi (geneticamente parlando) di mucca.
In un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE sono stati analizzati campioni genetici di 129 bisonti e non sono state trovate tracce di DNA di mucca, nonostante i bisonti delle Henry Mountains abbiano pascolato per più di 70 anni in libertà, quindi con grande possibilità di contatto con le mandrie di mucche.
La scoperta ha numerosi risvolti dal punto di vista della conservazione, la mandria delle Henry Mountains infatti è una delle ultime popolazioni libere di Bisonte americano non ibridato, le altre due si trovano una nel Parco di Yellowstone e l’altra nel Cave National Park.
Il Bisonte americano ha subito più di ogni altra specie l’impatto della colonizzazione, la caccia sommaria che è stata fatta dall’800 in poi ha ridotto drammaticamente il numero di individui e l’incrocio con le mucche ne ha danneggiato il patrimonio genetico.
Mandrie come quella delle Henry Mountains, è la storia a insegnarcelo, potranno essere molto utili in programmi di reintroduzione e di restauro del patrimonio genetico del Bisonte, simbolo delle praterie americane e dell’incapacità dell’uomo di regolare il suo stesso impatto sulla natura.
Illustrazione: Silvia Venturi
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