«Scrivo da sempre lo stesso articolo, finché le cose non cambieranno continuerò imperterrito a scrivere le stesse cose», così ripeteva Antonio Cederna (1921-1996).
È corsa a questa frase la mia mente dopo avere letto i dati contenuti nell’ultimo rapporto di Ispra, il centro studi del ministero dell’Ambiente, sul consumo di suolo in Italia: ogni secondo si perdono 3 metri quadrati, 30 ettari al giorno. Irrimediabilmente coperti con asfalto e cemento, strade, fabbricati e opere di vario genere.
Di fronte alla distruzione di aree naturali e agricole si levano come al solito gli strali delle associazioni ambientaliste e delle organizzazioni degli agricoltori. E la stampa ricorda le conseguenze a cui andiamo incontro: degrado, dissesto idrogeologico, perdita di biodiversità, formazione di isole di calore, ecc.
A cosa serve tutto questo? Forse a niente. Il consumo di suolo sembra non conoscere soste. E la legge per arginare il fenomeno resta al palo in parlamento. Sta per terminare un altro anno e sta per chiudersi un’altra legislatura senza avere ottenuto alcun risultato. Intanto altre migliaia di ettari di suolo sono state coperte.
E io, insieme ad altri, continuo a scrivere lo stesso articolo.
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