I meno giovani ricorderanno le difficoltà nel fermare i movimenti rapidi con l’attrezzatura analogica, soprattutto quando si era soliti usare diapositive con sensibilità 50 (ricordate le mitiche Velvia?) o 100 ISO. L’avvento del digitale ha cambiato notevolmente la fotografia e ha facilitato molte cose. Personalmente non rimpiango l’analogico, soprattutto al giorno d’oggi che esistono sensori e reflex in grado di offrire una qualità straordinaria. Ho ottenuto la foto che vedete senza particolari difficoltà tecniche. Mi riconosco il merito di aver individuato la zona del martin pescatore lungo la riva di un canale e di aver sostituito una più fotogenica tifa a un paletto marcescente che il martin usava da posatoio per pescare. Una volta fatto questo, sono subentrati i meriti dell’attrezzatura: una D3s Nikon, in grado di effettuare quasi 11 fotogrammi al secondo e di reggere molto bene gli ISO alti, e un obiettivo Nikkor 300 mm f/2,8 dalla resa superlativa. Per ottenere queste foto aspettavo che il martin arrivasse sulla tifa e appena si tuffava scattavo a raffica con la messa a fuoco manuale impostata sulla tifa stessa. In pratica toglievo il dito dal pulsante solo quando il mio ignaro modello era di nuovo sul posatoio con il pesce nel becco. Poi andavo con ansia a scorrere le immagini sul display per vedere il risultato e tra i tanti scatti qualcuno decente mi faceva sorridere. Non sempre il martin tornava sul posatoio dopo aver catturato il pesce e andava a gustarselo in un altro punto della riva. In questi casi la mia speranza era di catturare il soggetto mentre si tuffava, proprio nell’attimo in cui si staccava dalla tifa. Scatto molto difficoltoso, perché è difficile (almeno per me) iniziare la raffica, proprio nel momento dello stacco. Molto più facile attendere il ritorno con la preda catturata. I dati di scatto sono 1/6400 f/8 a 3200 ISO.
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