In una piccola baia, dal fondale sabbioso con qualche chiazza di Posidonia, emergevano questi splendidi monoliti di granito.
Erano l’elemento chiave della scena, e suggerivano una inquadratura cosiddetta divisa o split. Questa tecnica, di cui David Doubilet è un grande maestro, permette di mostrare contemporaneamente la parte aerea e quella sommersa. Il problema principale per scattare una fotografia di questo genere, ma non l’unico, sta nel diverso indice di rifrazione di aria ed acqua: se un oggetto è alla stessa distanza sopra e sotto l’acqua, l’obiettivo deve mettere a fuoco in due punti diversi.
In linea di principio si usano ottiche grandangolari. Purtroppo le ottiche Nikonos come il 20mm o il 12mm sono progettate per l’esclusivo utilizzo subacqueo e, in aria, focheggiano a pochi cm dalla lente frontale. Per questi motivi gli scatti split sono realizzati impiegando fotocamere reflex alloggiate in custodie subacquee, con focali ultracorte di 14mm o 16 mm diaframmate ad f22 ed oblò sferici di grandi dimensioni. Data la differente luminosità della parte aerea e di quella sommersa si è quasi obbligati a scattare in fondali poco profondi, in modo da avere la minima caduta di luce verso il fondo, o a usare dei filtri neutri degradanti.
Bruno Manunza, fotografo e autore
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