In autunno amo girovagare per le faggete della Val d’Aveto in cerca di funghi, soprattutto velenosi, che, fotograficamente, mi ispirano di più. Immortalare soggetti come questi, che non vengono mossi dal vento, non scappano e non mordono, può sembrare semplice, ma si rischia di produrre fotografie noiose e scontate.
Quando ho trovato il fungo ritratto nella foto ho deciso di lasciar correre la fantasia per riprenderlo nel modo più originale possibile. Il suo punto forte erano le lamelle, sane e ben distanziate.
Così, prima di tutto ho piazzato il cavalletto, poi la D300 sulla testa a sfera idrostatica e, dopo aver inserito il filo di comando, ho programmato “l’alzo dello specchio” anticipato per non avere vibrazioni. Infine, ho composto l’inquadratura.
La lente era il 200mm macro della Nikon, che permette una buona distanza di lavoro, fino a circa 30 centimetri dal soggetto. Questo mi ha permesso di sistemare un piccolo flash “macro” di fronte al fungo, angolandolo in modo che non producesse luce piatta. Posteriormente ho sistemato un SB-800 con parabola molto chiusa e potenza media, in modo da concentrare maggiormente la luce, con il flash che quasi arrivava a toccare il fungo.
Dopo alcuni scatti di “assestamento” è arrivata la foto che desideravo (Iso 200, tempi: 1/10 di secondo, diaframma: f18).
Claudio Pia, fotografo
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