Sono lontani i tempi della Gran Bretagna di Percy Bysshe Shelly, il poeta romantico che già nel XIX si esprimeva a favore dei diritti degli animali.
Nella Terra d’Albione del terzo millennio sembra non esserci più spazio per queste dialettiche: la Camera dei Comuni ha, infatti, votato un provvedimento contro l’inclusione della sensibilità animale nello European Union Bill, vale a dire il documento che decreta quali norme resteranno in vigore dopo la Brexit.
Gli animali non hanno emozioni
Tutto è nato con la proposta della parlamentare dei Verdi, Caroline Lucas, che ha chiesto che nella legislazione britannica venga inserita la norma europea secondo la quale gli animali sono in grado di provare emozione e dolore.
L’iniziativa è stata, però, respinta con 313 voti contrari e 295 favorevoli, anche per via dell’ostruzione del partito conservatore secondo il quale le norme contenute nell’Animal Welfare Act del 2006 sono sufficienti.
Tuttavia, questa norma include solo i cosiddetti animali domestici, tralasciando gli animali destinati alla sperimentazione animale e quelli degli allevamenti intensivi, oltre che agli animali da reddito.
Contro il voto e assieme alle associazioni animaliste si è schierata anche la British Veterinary Association, che ribadito l’innegabilità che gli animali provino emozioni e che questo sia la precondizione necessaria al trattarli con rispetto.
Quale benessere animale dopo la Brexit
L’80% delle leggi britanniche in materia di diritto animale sono attualmente norme europee, destinate quindi a cadere quando la Gran Bretagna ufficializzerà la sua uscita dall’Unione Europa. Resta ancora da capire quali normative rimpiazzeranno quelle comunitarie relative a questo tema. Di certo, dopo il tentativo sfumato a maggio di reintrodurre la caccia alla volpe, il governo May ha dato chiari segnali su quale strada intende perseguire.
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