Gli effetti ambientali, economici e sociali conseguenti a questa torrida estate ci forniscono utili e concretissimi spunti per alcune riflessioni (più estese) che arrivano a toccare l’essenza stessa della nostra presunta democrazia.
Infatti, le tematiche ambientali, oltre a descrivere lo stato del territorio intorno a noi, risultano (infatti) ottimi indicatori per misurare le effettive condizioni della nostra “casa” comune (“ecologia” deriva appunto dal greco oikos=casa) e delle capacità e volontà di chi la gestisce (dai cittadini, con il loro impegno e senso civico, sino agli amministratori e politici di tutti i livelli).
E la capacità di fare nessi e trovare connessioni è la prima qualità di un cittadino/persona che vuole mantenere vive le famose “tre C”: conoscenza, comprensione, consapevolezza. Elementi sempre meno di moda oggi, ma che stanno alla base delle successive scelte che si decide di fare per orientare la propria esistenza senza dover far sempre parte del famoso gregge o “popolo bue”.
Dai recenti dati della Coldiretti sappiamo, ad esempio, che la siccità e il caldo degli ultimi tre mesi ha pesantemente inciso sulla produttività di molti raccolti (a cominciare da quelli di frutta e verdura, fino a quelli del foraggio che ha segnato un -40%) e ridotto al lumicino molti fiumi ed invasi idrici, sia per l’irrigazione, sia per l’acqua potabile. Alle ultime settimane di calore molti animali domestici hanno (poi) risposto riducendo la propria attività metabolica. Di conseguenza c’è stata una diminuzione di almeno il 20% nella produzione di latte bovino, del 40% in quella del miele millefiori e anche le galline hanno abbassato la produzione di uova di almeno il 10%.
A questo tipo di emergenza, ormai facilmente prevedibile stante i dati ed il trend sui cambiamenti climatici noti da molti anni, la società italiana si è fatta trovare ancora una volta impreparata. La gestione idrica, con le reti che perdono in media il 35% dell’acqua manca di una vera strategia nazionale (consentiteci la facile battuta, fa davvero “acqua da tutte le parti”). L’aumento degli incendi ha cause per lo più antropiche legate alle iniziative criminali di pochi individui. Ma il fenomeno è aiutato da un’ormai cronica mancanza di controllo del territorio rurale, con la drastica riduzione della presenza di personale: guardie forestali, guardie provinciali e anche semplici “stradini”, guardiapesca e controllori delle acque (in lombardo li chiamiamo “campè”) che sino a pochi anni fa ancora popolavano le nostre campagne, sono (ormai) quasi scomparsi a seguito dei vari accorpamenti, della riduzione di investimenti e di scelte amministrative operate in questi anni (in primis quella del Corpo Forestale dello Stato nei Carabinieri e in secundis quella della parziale smobilitazione delle province).
Ma cosa c’entra tutto ciò con la democrazia? C’entra eccome!
Infatti da insigni studiosi sappiamo che un vero stato democratico ha le proprie basi strutturali, diremmo concrete, su tre capisaldi principali: la sovranità monetaria, la sovranità energetica e la sovranità alimentare.
Ebbene sappiamo che l’Italia con l’entrata dell’euro, ma anche con la questione del signoraggio della sua valuta, ha da tempo rinunciato alla propria sovranità monetaria. Sappiamo che la sovranità energetica mai l’abbiamo avuta ed ancora oggi la cerchiamo davvero poco, nonostante le potenzialità offerte dalle energie rinnovabili che solo con molta fatica si stanno lentamente avvicinando al 50% della produzione.
Rimane la sovranità alimentare che, se da un lato è sempre più compromessa dai vari trattati internazionali e dalle normative comunitarie che ci obbligano ad acquistare prodotti esteri ed eliminare parte dei nostri (vedi l’annosa questione delle quote latte), dall’altra viene ulteriormente erosa da situazioni come quelle prima descritte.
Non occuparsi in maniera seria del nostro territorio, del nostro ambiente, dei boschi, dell’acqua, dell’agricoltura significa non solo giocarsi la qualità e la bellezza dei luoghi in cui viviamo (noi e dovranno vivere i nostri discendenti), ma anche rinunciare alla nostra democrazia e, in definitiva, a un altro pezzo della nostra libertà.
Forse non sembra, ma è proprio così: pensiamoci e agiamo di conseguenza. Tutti possono fare qualcosa, non ci sono scuse. E non c’è neppure più troppo tempo.
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