Il Segretario di Stato americano John Kerry è arrivato lunedì a Parigi per partecipare alle fasi conclusive e decisive della Conferenza sul clima e ha alzato il velo sulla posizione del suo Governo in merito ad alcune questioni ancora in sospeso.
Kerry, che ha parlato dopo appena due ore dal suo arrivo in Francia, ha detto che “L’accordo di Parigi potrà stimolare dei cambiamenti massicci nel settore privato, spostando gli investimenti dai combustibili fossili verso la ricerca, lo sviluppo e l’implementazione di energia pulita”.
“1,5 per sopravvivere”
I rappresentanti delle piccole isole hanno adottato lo slogan “1,5 per sopravvivere” e lo hanno reso virale nelle sale dove sono in corso i negoziati, a Le Bourget, periferia di Parigi.
“Gli Stati Uniti sono sensibili alle richieste delle piccole isole minacciate dall’innalzamento degli oceani e sono favorevoli all’inserimento negli accordi di Parigi dell’ambizioso obiettivo di 1,5°C come limite al riscaldamento globale.
Qualunque cosa si possa fare per scendere sotto il limite dei 2°C è un beneficio, quindi non dobbiamo escluderlo dicendo ‘Non ci pensiamo neppure’. Ma, allo stesso tempo, non credo che possiamo farlo diventare l’obiettivo vincolante degli accordi di COP21, perché così facendo perderemmo il consenso di qualcuno fra i Paesi partecipanti e noi, invece, vogliamoche si vada avanti assieme nella giusta direzione.Dobbiamo pensare a come costruire una base di consenso affinché tutti adottino l’accordo, anche se per qualcuno questo potrebbe rappresentare un passo troppo lungo per le proprie possibilità. Dobbiamo adottarlo come aspirazione, senza però vincolarci a obiettivi che- a questo punto – non sono ottenibili”.
La lunga strada da Rio a Parigi
Kerry ha una lunga storia di partecipazione ai summit sul clima, fin da Rio Earth Summit nel 1992, quando è stata istituita la convenzione UNCOP. “Questa volta –ha dichiarato – è diverso, ci sono più possibilità di successo”. Un aspetto che differenzia COP21 dalle precedenti conferenze sul clima è che, questa volta, c’è una grande, variegata e globale spinta di movimenti ambientalisti e di opinione pubblica che sollecitano i leader dei Paesi ad agire. Per non parlare, poi, del coinvolgimento di grandi società multinazionali, da Google ad Amazon, con i loro piani aziendali di riduzione delle emissioni.
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