Il rischio di esser contaminati dal glifosato colpisce tutti, anche i nascituri nel grembo materno. È quanto emerge da un’indagine condotta da Salvagente, in collaborazione con l’associazione A Sud, che ha preso in analisi la presenza di glifosato nelle urine delle gestanti. I risultati sono sconcertanti: 14 donne, ovvero la totalità di quelle sottoposte ai test, sono risultate positive alla sostanza chimica.
I quantitativi riscontratati nelle analisi variano da 0,43 nanogrammi fino a 3,48 nanogrammi per millilitro di urina. Impossibile, però, quantificare il dato, dal momento che non non sono mai stati definiti i valori massimi consentiti.
Probabili rischi e passi indietro
Una cosa è certa: la presenza di glifosato non è affatto positiva. Patrizia Gentili, oncologa e membro del comitato scientifico di Isde (International Society of Doctors for the Environment) ha spiegato a Salvagente che numerosi dati sperimentali condotti su cellule placentari ed embrionali umane mostrano come il glifosato induca necrosi e favorisca la morte cellulare programmata. L’oncologa non ha dubbi: si tratta di una sostanza genotossica, oltre che cangerogena.
Eppure, solo pochi mesi fa il Comitato per la valutazione dei rischi (RAC) dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) aveva fatto un passo indietro, annunciando che il composto chimico non è cancerogeno, né mutageno, né tossico, a dispetto di quanto più volte affermato, sia dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), che dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Attenzione all’alimentazione
Per entrare in contatto col glifosato non è necessario vivere a ridosso dei campi. Secondo le analisi, infatti, il canale privilegiato per entrate in contatto con l’erbicida è l’alimentazione. Pane, pizza e pasta speso contengono grano contaminato. Ma anche le carni non sono sicure: oltre l’85% dei mangimi utilizzati negli allevamenti, infatti, sono costituiti da soia, mais e colza contaminati.
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