I cetacei sono mammiferi acquatici che vantano le dimensioni corporee più grandi tra gli animali viventi. Alcune specie di balenottere sono animali classificati come giganti perché superano i 10 m di lunghezza. E tra queste, la balenottera azzurra (Balænoptera musculus) batte ogni primato, con una lunghezza massima di quasi 30 metri e un peso di 190 tonnellate.
In teoria questi animali così grandi, avendo molte più cellule ed essendo molto longevi, avrebbero più probabilità di sviluppare un cancro. Invece, sembra che abbiano sviluppato uno straordinario meccanismo di protezione.
C’è una relazione tra gigantismo e protezione dal cancro?
Mariana Nery, biologa dell’Università statale di Campinas in Brasile, e i suoi colleghi ricercatori hanno pubblicato sulla rivista Scientific Reports uno studio che indaga i cambiamenti genetici che nascondono il segreto delle dimensioni di una balena, per scoprire come le modifiche al loro DNA nel corso del tempo possano aver causato il gigantismo.
Da un punto di vista molecolare, la grandezza del corpo è un carattere complesso associato a molti geni coinvolti nella crescita. Il gigantismo deriva dall’evoluzione di specie con dimensioni corporee enormi rispetto ai loro antenati di piccola taglia.
I ricercatori hanno eseguito analisi evolutive molecolari su cinque geni legati ai fattori di crescita. I geni che sono stati studiati non solo giocano un ruolo nelle dimensioni del corpo, ma anche nell’attenuare gli effetti di queste dimensioni maggiori, compresa la soppressione del cancro.
Studiare come le balene sono diventate così massicce può aiutarci a combattere il cancro negli esseri umani?
I risultati della ricerca indicano che quattro geni probabilmente coinvolti nell’aumento delle dimensioni corporee dei cetacei giganti potrebbero anche essere protagonisti dell’attenuazione delle possibili conseguenze delle dimensioni estreme, poiché controllano importanti aspetti del ciclo cellulare.
Conoscere meglio questi geni delle balene potrebbe aiutare gli esseri umani a individuare alcuni geni che sono legati al rallentamento della progressione del cancro, o qualcosa di simile, ha detto dottor Michael McGowen, biologo dello Smithsonian National Museum of Natural History di Washington, D.C., che non ha partecipato direttamente allo studio.
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