Potrà sorprendere sapere che non tutti i grandi Felini sono in grado di produrre il grande ruggito del leone. E che proprio questa capacità costituisce una discriminante ai fini della loro identificazione tassonomica. Una classificazione che Carlo Linneo avviò nel XVIII secolo e in continuo divenire.
All’inizio fu tutto semplice
Quando Linneo classificò i Felini allora conosciuti con descrizioni “specifiche” che ne evidenziavano l’appartenenza all’una o all’altra specie, fu piuttosto semplice.
Utilizzando il latino, ovvero la lingua della classe medico-scientifica dell’epoca (come oggi lo è l’inglese), nella sua storica opera “Systema Naturae”, Linneo scriveva:
- Leo= Leone (Felis leo): lunga coda ‘floccosa’ (floccosus in latino significa con fiocco o ciuffo di peli terminali), corpo color giallo-rosso (luteo-rufus) e maschio con torace irsuto (con criniera).
- Tigris =Tigre (Felis tigris): corpo striato.
- Pardus o Panthera = Leopardo (Felis pardus): corpo maculato.
- Lynx = Lince eurasica (Felis lynx): coda corta con punta nera, orecchie con ciuffi di peli sulla punta, colore rossastro maculato (….).
Nei secoli successivi, grazie alle nuove scoperte scientifico-geografiche, gli zoologi videro aumentare il numero delle specie di felidi. E tali semplici descrizioni non bastarono più.
Con l’avanzare e l’approfondirsi delle conoscenze anatomiche e degli studi basati sulla comparazione delle caratteristiche scheletriche, fisiologiche e comportamentali, lo studio dei felidi e la loro catalogazione si rivelò un compito sempre più complesso.
La questione dei panterini
Attualmente, per esempio, con le nuove indagini sull’apparato vocale dei Felidae, la scienza sta mettendo in discussione la stessa definizione di Pantherinae, la sottofamiglia che comprende i cosiddetti ‘big cats’ in grado di ruggire.
Ci si è resi conto, infatti, che non tutti i grandi felini ruggiscono. Non lo fanno i leopardi delle nevi (Panthera uncia) – che per questo furono ascritti per lungo tempo a un genere diverso (Uncia) – e neanche i leopardi nebulosi (Neofelis nebulosa e N. diardii), tutto a causa dell’osso Ioide ‘rigido’ e ossificato che impedisce loro di emettere questo suono particolare.
Che cos’è il ruggito?
Il ruggito del leone è uno dei suoni più possenti che un animale possa emettere.
Nella savana è udibile fino a 8 Km di distanza e viene emesso come segnale per marcare i confini del territorio (home range) utilizzato da un branco di leoni (pride).
Il ruggito è legato alla struttura e alle notevoli dimensioni della laringe che contiene grosse corde vocali dotate di corposi cuscinetti fibroelastici.
Il suono viene amplificato anche da una potente cassa di risonanza formata da: cavità orale, faringe, laringe e dalla trachea che giunge nel torace fino ai polmoni.
Con il ruggito la cassa di risonanza viene ampliata grazie alla mobilità dell’osso ioide, non ossificato. Questo permette ai muscoli della faringe di spingere verso il basso la laringe e la trachea.
Tigre, leopardo e giaguaro, non avendo una laringe grande come quella del leone, possiedono un richiamo meno potente.
Il leopardo delle nevi, avendo corde vocali piccole, non è in grado di ruggire ma solo di ringhiare, soffiare e probabilmente fare le fusa.
I felini del mondo
Il dott. Giovanni Giuseppe Bellani, consulente zoologo e museologo in vari Musei di storia naturale in Italia, ha realizzato un libro scientifico che fa chiarezza sulla nuova classificazione della Famiglia Felidae e sulla situazione conservativa (secondo la Red List di IUCN, e CITES) di tutte le 41 specie di felidi e delle 77 sottospecie riconosciute attualmente dalla Scienza.
“Felines of the World – Discoveries in Taxonomic Classification and History”
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