Viaggio ormai da diversi giorni sull’ altipiano andino al confine tra Argentina e Cile e da quando ho raggiunto le quote più elevate (3.700/5.300 m.) non ho più incontrato altre vetture. Gli spazi sono immensi, le terre ruvide e arse dei deserti d’altura vengono di tanto in tanto interrotte dal verde smeraldo dei bofedal, paludi che ricoprono vallate dalle inclinazioni impercettibili grazie alle quali l’acqua raccolta durante la brevissima stagione delle piogge scorre lentamente, risultando quasi stagnante.
L’aria tersa e rarefatta accentua i colori offerti dalle montagne circostanti e sembra azzerare ogni distanza. I paesaggi trasmettono un senso di “geologicamente incompiuto”. Centinaia di crateri emergono con forme di coni perfetti dalle candide pianure salate, eredità antica dei fondi dell’oceano emersi in seguito alla deriva dei continenti. La straordinaria varietà di minerali presenti nelle rocce conferisce sfumature che vanno dal rosso degli ossidi di ferro al verde del rame al magenta del magnesio al giallo dello zolfo.
Raggiunta una delle cime più alte della regione mi fermo per osservare l’immensità che mi circonda. Vorrei inserire tutto in una sola immagine, vorrei trasmettere la sensazione straordinaria che sto provando. Istintivamente utilizzerei un super grandangolare, o forse un fisheye, per poter includere ogni dettaglio, i lunghi orizzonti, le poche nuvole che punteggiano il cielo e le forme sinuose dei rilievi. Faccio qualche scatto, lo guardo, non mi soddisfa. L’ambiente intorno a me è forse troppo vasto per essere riproposto in sole due dimensioni. Cancello le immagini e azzero ogni pensiero, ogni regola, forzandomi a fare l’opposto di ciò che mi dice l’istinto. Monto un teleobiettivo e scruto il paesaggio attraverso una lente solitamente utilizzata per ritrarre volti e animali. Scopro linee e curve che poco hanno a che fare con la realtà ripresa dall’occhio, ma l’alternativa mi permette di fare una ricerca puramente grafica con un risultato inaspettato. Le immagini prodotte sono ancora più surreali di quanto mi si presenta di fronte agli occhi. Sembrano uscire dalla tela di un quadro astratto. Mi sposto, cerco altre prospettive, bastano pochi metri e l’immagine cambia totalmente. Potrei fermarmi giorni a riprendere queste forme “ritagliando” rettangoli di mondo, in cerca di dettagli, colori e sfumature.
Il momento dello scatto
Per lo scatto utilizzai un teleobbiettivo 80/200 f2,8 e un filtro polarizzatore. Montato il tutto su un robusto cavalletto impostai la modalità di ripresa a priorità di diaframmi che portai a F16 (quindi piuttosto chiuso) in modo da avere una buona profondità di campo e maggiore dettaglio.
Nonostante la luce intensa dell’altiplano, il cavalletto si dimostrò indispensabile soprattutto per via delle raffiche di vento che non mi permettevano di essere sufficientemente stabile.
Dati tecnici
Data: 17 Novembre 2013
Corpo macchina: Nikon D3s Obiettivo: Nikon 80/200 f2,8 Apertura diaframma: F16 Tempo otturatore: 1/200 Sensibilità sensore ISO 200 Flash: no
Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
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