La pesca eccessiva e la perdita di habitat causano lo spopolamento di alcuni pesci marini iconici, come i pesci sega, che rischiano l’estinzione.
Questo pesce, appartenente al superordine dei Batoidei che comprende anche le mante e le razze, una volta si trovava in abbondanza nelle calde acque costiere di 90 nazioni, ma ora si presume che si sia estinto in più della metà di queste.
Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Science Advance, ha valutato con metodi innovativi la distribuzione spaziale del pesce sega, riscontrando estinzioni locali nel 58,7% della sua area di distribuzione storica.
Per gli animali marini non è facile valutare la popolazione basandosi sugli avvistamenti; per questo gli autori dell’analisi hanno usato la teoria della “geografia dinamica” per calcolare il rischio di estinzione. Il risultato è che in 9 dei 42 Paesi dove lo stato della popolazione era considerato “incerto”, il pesce sega è risultato estinto. Sono, quindi, urgenti e necessari ulteriori divieti di cattura e protezioni dell’habitat, per assicurare un futuro al pesce sega e a specie simili.
La pesca rappresenta la principale minaccia per i pesci sega, perché il loro muso “seghettato” rimane facilmente imbrigliato nelle reti da pesca, mentre la distruzione degli habitat, soprattutto le praterioe di mangrovie, rappresenta anch’essa una minaccia.
Lo studio conclude che le restrizioni della pesca sono le misure più vantaggiose per il pesce sega perché, minimizzando la mortalità, si può ridurre il rischio di estinzione fino al 20,7%.
Inoltre, raddoppiare l’area delle mangrovie, secondo il rapporto, può ridurre il rischio di estinzione del 10%, anche se i benefici variano da Paese a Paese.
Minacce alla biodiversità
Il co-autore del rapporto e professore della Simon Fraser University, Nick Dulvy, avverte: «Sappiamo da tempo che la drammatica espansione della pesca è la più grande minaccia alla biodiversità oceanica».
Questa specie è stata considerata localmente estinta in più della metà del suo habitat costiero storico e il co-autore evidenzia le difficoltà del monitoraggio, in particolare per le specie a bassa priorità, le cui catture «sono state scarsamente monitorate nel tempo».
La ricerca spiega che i pesci sega, che in passato erano presenti nelle acque costiere e nei fiumi di più di 90 Paesi tropicali e subtropicali, sono particolarmente vulnerabili al sovrasfruttamento a causa dei loro bassi livelli di riproduzione.
SEMPRE INFORMATI!
Per rimanere aggiornato su tutte le news sulla Natura, selezionate dalla nostra redazione, iscriviti alla newsletter di rivistanatura.com
Basta inserire l’indirizzo e-mail nell’apposito modulo qui sotto, accettare la Privacy Policy e cliccare sul bottone “Iscriviti”. Riceverai così sulla tua mail, due volte alla settimana, le migliori notizie di Natura! È gratis e ti puoi disiscrivere in qualsiasi momento, senza impegno
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com