Il deserto del Namib, che dalla costa della Namibia occidentale arriva a lambire anche l’Angola e la Repubblica Sudafricana, è uno dei più antichi del mondo, il Parco nazionale più esteso dell’Africa (Namib-Naukluft National Park), caratterizzato da una cintura di dune fra le più spettacolari al mondo, grazie ai loro colori molto intensi, che vanno dal rosa all’arancio.
Qui le condizioni sono estreme e la vita di piante e animali non è facile. Lo testimoniano i millenari “pan” (laghi salati) e le sagome di alberi ormai secchi. Eppure, in questo ambiente inospitale vive la pianta “immortale”, la Welwitschia mirabilis.
Le ha dato il nome Friedrich Welwitsch, il botanico austriaco che per primo ne documentò l’esistenza. In lingua afrikaans viene chiamata “tweeblaarkanniedood”, che significa “due foglie non possono morire”.
C’è, infatti, qualche segreto nel genoma della Welwitschia che dà alle foglie più longeve del regno vegetale la capacità di sopravvivere in un deserto per migliaia di anni. La sua morfologia la rende particolarmente adatta al clima secco e arido del deserto: la lunga radice simile a una carota è molto profonda e affusolata, con alcune sporadiche radici ramificate che si espandono lateralmente per raggiungere grandi profondità. La porzione visibile è invece da due sole foglie, nastriformi e di un verde molto intenso, che si adagiano sul terreno crescendo orizzontalmente per diversi metri. Questa pianta può vivere migliaia di anni e non smette mai di crescere. Quando smette di crescere, è morta.
Esemplari di Welwitschia che hanno 3000 anni
Si stima che alcune delle Welwitschia più grandi abbiano più di 3.000 anni, con due foglie che crescono costantemente dall’inizio dell’Età del Ferro.
Fin dalla sua scoperta, la Welwitschia ha incuriosito i biologi, compreso Charles Darwin, alla ricerca del segreto della sua longevità.
Ora, gli studi genetici sembrano poter dare una chiave di lettura a questo mistero della botanica.
In uno studio pubblicato su Nature Communications, i ricercatori riportano alcuni dei segreti genetici che spiegherebbero l’estrema longevità e la profonda resilienza della pianta.
«Circa 86 milioni di anni fa, a seguito di un errore nella divisione cellulare, l’intero genoma di Welwitschia è raddoppiato, proprio in coincidenza con un periodo di maggiore aridità nella regione» spiega Tao Wan, botanico presso il Fairy Lake Botanical Garden di Shenzhen, Cina, autore principale dello studio.
Questo errore di duplicazione del genoma, associato a un evento di “stress estremo” ha dato il via a un complicato processo di “riparazione” genetica che, insieme ad altre forze selettive, ha generato un genoma molto efficiente.
Queste modifiche genetiche hanno dotato la Welwitschia di caratteristiche molto vantaggiose. Per esempio, la foglia di una pianta normalmente cresce dagli apici della pianta, o dalle cime dei suoi steli e rami. Ma nella Welwitschia la punta originale muore e le nuove foglie escono, invece, dal meristema basale, che fornisce cellule fresche alla pianta in crescita.
La resistenza allo stress ambientale della Welwitschia può diventare un modello per creare colture più resistenti e meno dipendenti dall’acqua.
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