La Corte di giustizia Ue ha condannato l’Italia a sanzioni pecuniarie per inadempienza alla direttive comunitarie sui rifiuti. Oltre a una somma forfettaria di 40 milioni di euro, il Tribunale del Lussemburgo ha stabilito che il nostro Paese dovrà pagare una penalità di 42,8 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie. “L’obbligo di recuperare i rifiuti o di smaltirli senza pericolo per l’uomo o per l’ambiente nonché quello, per il detentore, di consegnarli ad un raccoglitore che effettui le operazioni di smaltimento o di recupero di rifiuti o di provvedere egli stesso (…) sono stati violati in modo persistente“, scrivono i giudici.
La multa è il risultato di sette anni di richiami Ue: nel 2007 la Corte aveva dichiarato che l’Italia era venuta meno “in modo generale e persistente agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive relative”. Delle centinaia di procedure aperte ogni anno, solo pochissime arrivano a una sanzione e solo in casi di perduranti ritardi.
“I rifiuti non possono essere il business dei criminali e una minaccia per l’ambiente, né un problema di cui liberarsi da parte di imprenditori senza scrupoli di tutta Italia: devono invece rappresentare un’opportunità per il Paese di creare valore aggiunto in termini di crescita e lavoro attraverso il riciclo e la rigenerazione”. Così il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha commentato solo ieri l’operazione sul traffico illecito di rifiuti ferrosi in Campania.
Sappiamo fin troppo bene che invece la criminalità organizzata controlla da decenni una larga fetta di questo business. Non c’è dunque granché da stupirsi se si contano 218 discariche illegali sul territorio nazionale; e potrebbero risultare anche più numerose se si facessero controlli a tappeto. Una realtà sconcertante, più volte denunciata.
Una realtà che fa a pugni con un altro volto del nostro Paese: quello dei Comuni ricicloni, delle decine di migliaia di famiglie impegnate quotidianamente nella raccolta differenziata. Anche l’Italia dei rifiuti viaggia a due velocità e mostra al mondo due immagini distanti anni luce. C’ è una parte che procede con efficienza teutonica arrivando a recuperare il 70 per cento dei propri scarti. E poi ci sono i roghi dell’immondizia per strada, le discariche abusive, le terre dei fuochi straripanti di veleni. In mezzo ci sono tante facce di imprenditori apparentemente innocui, di professionisti affermati con i colletti bianchi e inamidati, di pubblici amministratori senza scrupoli che dialogano con malavitosi di professione. È questo mix letale che sparge sull’Italia una scia di sostanze ammorbanti. E che proietta, ancora una volta, al mondo intero l’immagine di un Paese in disfacimento.
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