Due ricercatrici americane hanno scoperto che: «Negli ultimi 120 anni la porosità nei gusci delle cozze lungo la costa orientale degli Stati Uniti è aumentata, potenzialmente a causa del riscaldamento delle acque».
Lo studio “Using Museum collections to assess the impact of industrialization on mussel (Mytilus edulis) calcification”, di Leanne Melbourne e Nathalie Goodkin dell’American Museum of Natural History di New York, è stato pubblicato sulla rivista scientifica Plos one.
Sono stati analizzati i moderni gusci di cozze confrontandoli con gli esemplari della collezione storica del Museo risalente alla fine del 1800, per tracciare poi i cambiamenti ambientali negli ambienti naturali.
Non è un caso se siano state scelte proprio le cozze come protagoniste dello studio; la Melbourne ricorda che: «Le cozze sono importanti su molteplici livelli: forniscono habitat sulle barriere coralline, filtrano l’acqua, proteggono le coste durante le tempeste e sono importanti anche dal punto di vista commerciale: adoro le cozze e so che lo fanno anche molte altre persone. I cambiamenti ambientali causati dall’uomo stanno minacciando la capacità delle cozze e di altri molluschi di formare i loro gusci, e dobbiamo capire meglio quali rischi deriveranno da questo in futuro».
Inoltre, la Goodkin, curatrice del Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie del Museo, sottolinea che: «Le collezioni dei musei sono ideali per mostrare il cambiamento su lunghi periodi di tempo. Gli organismi negli ambienti naturali hanno una lenta esposizione al cambiamento delle condizioni, con più tempo per adattarsi e più di un fattore di stress. Gli esperimenti di laboratorio sono ottimi per distinguere i singoli driver, ma non è così che funzionano le cose nel mondo reale».
Nel confrontare campioni moderni ed esemplari storici provenienti sempre dagli stessi siti (Nahant Bay nel Massachusetts, l’estremità meridionale di Cape Cod, la punta del Long Island Sound, la parte occidentale di Long Island Sound e il porto di New York), lo studio si è soffermato sullo spessore dei gusci, sulla loro superficie e sul loro volume, sulla densità e porosità. Dopo accurate analisi, le autrici hanno evidenziato che le conchiglie di raccolta recente, sono più porose sia di quelle raccolte negli anni ’60 che di quelle raccolte in alcuni siti all’inizio del 1900, ciò porta a ipotizzare che l’aumento della temperatura ha portato ad un aumento della porosità.
Un cambiamento vitale
Dal 1902 il Nord Atlantico è stato monitorato da molti studiosi, i quali hanno registrato aumenti stagionali della temperatura fino a 3 gradi Celsius, un riscaldamento che però non è stato omogeneo, questo potrebbe essere la causa di alcune variazioni di porosità nei campioni storici.
Non è stato però l’unico fattore a influenzare la porosità, bensì anche l’influenza dell’oscillazione del Nord Atlantico, un fenomeno meteorologico che ha portato temperature dell’acqua più fredde del previsto negli anni ’60, è stato un fattore decisivo.
La porosità dei campioni è di vitale importanza, poiché da essa dipende l’integrità strutturale dei molluschi, rendendoli più deboli e potenzialmente più suscettibili ai danni.
«Sappiamo che i servizi ecosistemici delle cozze e delle barriere coralline dipendono dalla solida formazione delle conchiglie. Se formano gusci più deboli, si romperanno più facilmente e potremmo perdere questi fondamentali organismi. Ma pima abbiamo bisogno di ulteriori studi a livello di scienza dei materiali per esaminare cosa sta succedendo» sostiene la Melbourne. È perciò davvero importante che il lavoro svolto fino ad ora non si fermi qui ma continui, in modo da capire come la variazione della temperatura potrebbe influenzare in seguito le popolazioni di mitili.
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