Quella linea sottile che c’è tra chi ha camminato quella Strada e chi non l’ha ancora percorsa, diviene spesso un muro invalicabile, quantomeno per la strana percezione che i potenziali viaggiatori per Santiago hanno dei racconti e dell’entusiasmo dei pellegrini collaudati.
Ho reputato abbastanza superfluo elencarvi qui tappe, medie chilometriche giornaliere e nomi di ostelli da non perdere. Quantomeno in questa prima fase. Credo invece molto più proficuo, svelarvi alcuni segreti per percepire la magia del Cammino.
Con tre Cammini alle spalle (ho percorso il Cammino Francese in bici nel 2012 e a piedi nel 2015, mentre la via de La Plata nel 2013) mi è spesso accaduto di parlare animatamente e scrivere col cuore del Cammino e di tutte le implicazioni che ha nella vita di tutti i giorni. Prima e dopo il Viaggio. Ne ho parlato con potenziali pellegrini, camminatori, sportivi e trekker. E ho sempre cercato di comunicare loro delle cose che potessero tutelare la magia del pellegrinaggio: di consigliare cioè cose che potessero servire a percepire fino in fondo tutte quelle emozioni che un’esperienza del genere può donare. Gli errori più grossi – filosoficamente parlando – che si possono compiere, mettendo a repentaglio le emozionanti possibilità che questa “lunga escursione dentro di sè” può dare, sono due: la fretta e l’eccesso di “sportività”. Diciamo che in qualche modo sono entrambe facce della stessa medaglia. Il Cammino non è un’impresa sportiva, o quantomeno non lo è esclusivamente. Se avete voglia di sfidare voi stessi e basta, ci sono molte altre mete e avventure appetibili. Qui i tasti da far suonare sono ben altri, ma avremo modo di parlare di questo man mano che vi svelerò i “trucchi” del pellegrino. Come ha ben scritto il medico e accademico francese Jean-Christophe Rufin, «Il Cammino è un’alchimia del tempo sull’anima. È un processo che non può essere immediato e nemmeno veloce. Al di là dello sforzo un po’ puerile che può provare per aver compiuto uno sforzo notevole rispetto a coloro che si accontentano di camminare otto giorni, egli percepisce una verità più umile e più profonda: non basta una breve marcia per venire a capo delle proprie abitudini».
Quindi se avete poco tempo, se le vostre ferie sono troppo poche, se non siete in grado di rivoluzionare subito i vostri programmi per prendere un provvisorio congedo dall’umanità, aspettate.
Qualsiasi sia il Cammino che sceglierete di percorrere, ricordatevi di farlo per intero (solo gli spagnoli sono esonerati dal rispetto di questa regola aurea, ma vi parlerò di questo in futuro). Una settimana è troppo breve per comprendere la bellezza del Cammino e rischiare di perdere un’occasione speciale per fare i conti con se stessi. Pensate che nella prima settimana (a prescindere da dove camminate) farete bene o male i conti con le vostre gambe, con il vostro corpo, con lo strato più superficiale della vostra persona. Vi renderete conto delle vostre debolezze fisiche, dei vostri acciacchi, dei vostri punti deboli e di forza, ma rimarrete “fuori”. Avrete solo il tempo di rodare il vostro strumento: cioè voi stessi. Ma proprio perché occupati a pensare all’esterno, sarete troppo stanchi (camminare in media 25/30 chilometri al giorno, per diversi giorni di continuo è comunque un’esperienza fuori dal normale e richiede un adattamento notevole) per pensare all’interno, per cominciare a scavare dimenticandovi delle vostre gambe. Successivamente invece, in linea di massima dopo una decina di giorni – come dicono i ciclisti – avrete “fatto la gamba” e avrete un unico desiderio, appena svegli la mattina presto: camminare e vivere. Da quel momento in poi, la Natura, i colori, i paesaggi, le farfalle onnipresenti, i tanti volti sinceri che incontrerete sulla vostra personalissima strada, cominceranno a giocare un ruolo importantissimo e catartico nella vostra riscoperta dello stupore del mondo. Quindi, quando in passato ho sentito amici e persone in genere che mi hanno detto… “ho una settimana, vado a fare il Cammino”, ho spesso annuito, celando il dispiacere per tutto quello che si sarebbero persi, vanificando tutta questa meraviglia a “portata di… piede”.
Il poco tempo, di cui noi poveri uomini occidentali siamo vittima, e la scelta conseguente di dedicare meno di 10 giorni al Cammino di Compostela, comporta poi un’ulteriore conseguenza a scapito della magia. Chi decide di compiere un pellegrinaggio di 10 giorni, sceglie spesso l’ultimo tratto di pellegrinaggio prima di arrivare alla metà. Inutile dire che proprio quegli ultimi passi sono, senza ombra di dubbio, i più battuti: possono quindi rivelarsi i meno “belli” per la grande quantità di gente che percorre gli ultimi cento chilometri (che danno diritto alla Compostela). Quello che avrebbe potuto rivelarsi una cosa strabiliante, spesso – in queste condizioni – diviene né più né meno di una normalissima escursione. Ergo se avete poco tempo e non siete disposti a rinunciare all’impresa (o meglio in questo caso “impresuccia”), decidete per camminare a partire dall’inizio del Cammino: da Saint Jean Pied de Port in Francia, per superare i Pirenei dal passo napoleonico, giungere a Roncisvalle (prima tappa del Cammino francese) e continuare per un pezzo di Navarra. Da pellegrino provetto, sono certo che quando sarà tempo di rientro a casa, il vostro unico pensiero sarà come fare a tornare in Spagna per continuare da dove avevate lasciato la Strada. E portare a termine una delle più belle avventure della vostra vita.