«Due strade divergevano in un bosco d’autunno e dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe, essendo un solo viaggiatore, a lungo indugiai fissandone una, più lontano che potevo […]. Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra molti anni: due strade divergevano in un bosco ed io – io presi la meno battuta, e questo ha fatto tutta la differenza.» (Robert Frost, La strada non presa).
In molti, svelando il proprio latente scetticismo, mi hanno chiesto perché ogni anno – con tanti luoghi al mondo dove poter andare – abbia scelto di percorrere (e continuo a scegliere) le vie verso Santiago. Domanda pertinente s’intende, ma spesso avanzata con un intento retorico (ognuno ha il suo Cammino, d’altronde: Santiago però è tutta un’altra storia). Anche perché gli unici a porla, sono di solito coloro i quali non hanno mai percorso quella Strada.
La mia prima risposta è di natura “razionale”: da secoli quel percorso è battuto da pellegrini, camminanti e avventurieri mossi da differenti motivazioni. E tutte quelle preghiere, le aspettative, i pianti, le morti (durante il pellegrinaggio, ci si imbatte in tante lapidi di pellegrini che dal Medioevo hanno perso la vita sul Cammino), le speranze, i sorrisi, gli innamoramenti e le delusioni, i sussurri, le grida e i desideri espressi lungo l’antico tracciato, hanno inevitabilmente lasciato traccia sul tragitto. Come se quell’energia fosse stata assorbita dal selciato e attraversasse inevitabilmente tutti i nuovi pellegrini che decidono di intraprendere questa strabiliante avventura. E questa, s’intende, è la risposta razionale. Immaginate quindi tutte le altre che, successivamente, fornisco ai miei interlocutori. Quelle per esempio, che riguardano i diversi punti magici presenti sul Cammino, il “tempo” necessario a percorrerlo, il fatto che l’arrivo sia fisiologicamente meno importante del Camminare in sé, lasciano inevitabilmente spiazzati i curiosi potenziali pellegrini. Ma andiamo con ordine. Come dicevo, ognuno ha il proprio Cammino da compiere, spiritualmente e fisicamente, intendo. Ho raggiunto Santiago ben tre volte nella mia vita, ogni volta in maniera diversa, e non ho ancora percorso –come è mia intenzione- tutte le strade che portano alla città della Compostela. Ergo la mia visione, nonostante le tante letture sull’argomento e gli innumerevoli racconti di amici pellegrini, non può essere complessiva. Ma ciò non vuol dire che non abbia elaborato, grazie alla mia esperienza personale e a ciò che ho metabolizzato nel tempo, un’idea -ammetto condivisa- sulla scelta del primo Cammino da compiere, perché quella metamorfosi da “turista” a “pellegrino” possa avvenire con più probabilità.
Il primo Cammino, per chi si avvicina all’avventura più bella della propria vita, è il Francese. Il Cammino per antonomasia. Ogni Cammino che nella storia è stato usato dai pellegrini di tutto il vecchio Continente per raggiungere plaza de Obradoiro (il luogo di raccolta davanti la Cattedrale per tutti i pellegrini che hanno ultimato il pellegrinaggio) detiene un fascino particolare, una peculiarità ineguagliabile, conserva e racconta storie diverse, attraversa un territorio particolare e dalle differenti caratteristiche naturalistiche. Ma uno – a mio parere – possiede tutti gli ingredienti di quella nota pozione magica da cui ogni pellegrino (che ha ascoltato i racconti dei suoi predecessori) vorrebbe rimanere stregato: il Camino Francès, quello che seguivano, nei primi secoli, i pellegrini, giunti nella penisola iberica e che passava per l’interno attraverso la Navarra, la Rioja, Castilla e Leon e infine giungeva in Galizia.
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