Richard Donner, il regista del film cult del 1985 Ladyhawke, conosce bene le bellezze d’Italia. Già ho avuto modo di parlarvi dei ruderi di Rocca Calascio, in Abruzzo, ora vi propongo l’imponente Castello di Torrechiara, in provincia di Parma che, come il primo, è servito da ambientazione per alcune scene del film in questione.
Torrechiara è l’esempio classico del castello medioevale, così come ce lo siamo immaginati sin da bambini. Si erge austero e un po’ minaccioso su di una collina terrazzata a 278 m s.l.m., un poco discosto dal suo paese di riferimento. La mole massiccia è caratterizzata dalla presenza di numerosi torrioni che ne rendono inconfondibile il profilo.
Vicende storiche
L’originario fortilizio di Torchiara fu costruito in epoca medievale. Le prime note storiche risalgono al 1259, quando il podestà di Parma ne ordinò la distruzione per mettere fine ai moti di ribellione contro la sua città. Ricostruito dalla famiglia Scorza, fu in seguito demolito altre tre volte.
Nel maggio del 1448, sulle rovine dell’antico fortilizio, Pier Maria II de’ Rossi diede avvio al cantiere di costruzione del grande castello. I possedimenti dei Rossi si estendevano su un quinto del territorio parmense e il castello, grazie alla sua eccezionale visibilità in tutta la vallata, doveva celebrare la potenza della famiglia.
Caratterizzato da una tripla cinta muraria e da quattro torrioni angolari, il castello aveva un aspetto fortemente difensivo ma in realtà era stato voluto dallo stesso Pier Maria anche come elegante dimora isolata ove poter incontrare l’amante Bianca Pellegrini di Arluno; per questo il Conte si rivolse ai più importanti artisti della zona che furono chiamati a decorare le sale interne, tra i quali Benedetto Bembo, che affrescò in stile gotico la Camera d’Oro. I lavori di edificazione furono completati nel 1460.
Di mano in mano
Nel 1482 Pier Maria II de Rossi avviò una guerra dall’esito disastroso contro le truppe ducali di Ludovico il Moro e il primo settembre dello stesso anno morì proprio nel castello di Torrechiara. Questo, insieme alle rocche di Felino e San Secondo, passò nelle mani del figlio di Ludovico il Moro e, dopo l’arrivo dei francesi a Milano, in quelle del re di Francia.
Tra varie vicende il Castello di Torrechiara e quello di Felino furono acquistati dal Marchese Galeazzo Pallavicino da Busseto, per poi passare agli Sforza, dopo il matrimonio tra Sforza I Sforza e Luisa Pallavicino. Negli anni successivi, il conte Sforza, per dare al castello un aspetto meno militare, fece realizzare le due grandi logge panoramiche verso la Val Parma, abbassare le mura del borgo e demolire parte della terza cerchia muraria della fortezza, mentre gli spalti divennero frutteti e giardini pensili. Il conte e soprattutto suo figlio Francesco diedero incarico a Cesare Baglioni e ad altri importanti artisti di affrescare molte sale del castello.
Nei secoli successivi, per matrimoni e diritti ereditari, il maniero passò alle famiglie Sforza Cesarini e quindi ai Torlonia. Questi ultimi, nell’anno 1909, cedettero il castello di Torrechiara a Pietro Cacciaguerra, che lo spogliò di tutti i suoi arredi. Dal 1911 il castello fu dichiarato monumento nazionale e in seguito acquistato dallo Stato italiano, che lo aprì al pubblico.
Una successione di stanze affrescate
Tanto esternamente il castello di Torrechiara è caratterizzato da un aspetto austero e agguerrito, tanto internamente accoglie il visitatore in un’atmosfera leggiadra e spensierata, proprio come l’aveva voluta il conte Pier Maria de’ Rossi per contornare di letizia la sua amata Bianca Pellegrini.
Notevole per grandiosità è Corte d’Onore centrale, estesa su una pianta rettangolare di 470 mq e dominata dalle torri angolari; al centro è collocato un pozzo in mattoni, profondo 66 m. Al livello del terreno nei lati Ovest ed Est si aprono due porticati.
Sul quello orientale si affacciano le tre Sale a giorno, destinate alle dame di corte per la lettura, il ricamo e la musica; gli ambienti derivano il loro nome dai soggetti degli affreschi a grottesche che ne ornano le volte, realizzati da Cesare Baglioni intorno al 1584.
Altre sale si susseguono tutte caratterizzate da particolari decorazioni, poi si incontra la cucina e l’imponente Salone degli Stemmi posto nell’ala Nord; concepito quale sala di rappresentanza, questo ambiente si affaccia con un portale centrale sulla Corte d’Onore con tre simmetriche portefinestre.
Al primo piano, considerato il piano nobile, riprende il susseguirsi di camere mirabilmente decorate. Si parte con quattro ambienti denominati Sale della caccia e della pesca, per il tema sviluppato negli affreschi che ne ricoprono le volte e le pareti, realizzati da Cesare Baglioni; i dipinti, molto simili tra loro, si differenziano per le diverse sfumature del cielo, che rimandano a quattro diversi momenti della giornata.
La Camera d’oro e il Salone dei giocolieri
La stanza che rappresenta l’apice della visita è la cosiddetta Camera d’oro, lo studiolo privato di Pier Maria II de’ Rossi, nonché sua camera da letto. La rende celebre il ciclo di affreschi, eseguiti probabilmente da Benedetto Bembo nel 1462, anche se non esistono fonti certe, incentrati sul trionfo dell’amor cortese. Il soffitto e le lunette sono ricoperti da affreschi simbolici, che raccontano l’amore tra Pier Maria II de’ Rossi e l’amante Bianca Pellegrini ma anche il potere del conte rappresentato attraverso i suoi numerosi castelli parmensi.
Per concludere degnamente la visita va citato il grande Salone dei Giocolieri, sala di rappresentanza nella quale gli ospiti dovevano rimanere stupefatti. Contrastano con il soffitto spoglio, le pareti interamente decorate con affreschi realizzati da Cesare Baglioni, Giovanni Antonio Paganino e con tutta probabilità anche da Innocenzo Martini. Questi affreschi glorificano il committente Francesco Sforza di Santa Fiora e i suoi cugini Farnese, duchi di Parma. Il resto dei muri è coperto con dipinti a grottesche. Mentre sulla fascia perimetrale superiore corre un ricco fregio composto da venti scene intervallate da cariatidi.
Durante la visita si possono vedere anche l’Oratorio di San Nicomede, le scuderie ed effettuare una passeggiata lungo gli spalti.
I crolli in seguito al terremoto
Purtroppo il 23 dicembre del 2008 un terremoto causò numerosi danni al maniero, in particolare alle mura esterne della torre di San Nicomede e alla merlatura di coronamento. L’anno successivo furono effettuati i lavori di consolidamento strutturale dell’edificio. In seguito nell’oratorio di San Nicomede fu ricostruito il solaio di copertura crollato agli inizi del XIX secolo; al piano nobile fu così ricreata e restaurata l’originaria sala della Sera.
Soltanto nel 2014 le sale del castello furono riaperte al pubblico.
Anche ai giorni nostri la visita all’interno del castello è rimandata a causa della pandemia, ciò non toglie che questo sia considerato uno dei più notevoli, scenografici e meglio conservati castelli d’Italia.