Per molte specie di questo Pianeta si sta assistendo a un’estinzione di massa, causata direttamente o indirettamente dall’attività umana. Dal 1900, 477 specie di vertebrati si sono estinte, a un ritmo da 100 a 1000 volte più elevato rispetto al ritmo “naturale’”.
Se da un lato il riscaldamento globale è il motivo più eclatante, dall’altra esistono altre minacce, tanto silenti quanto letali, che mettono in pericolo non solo la biodiversità ma anche i servizi ecosistemici che essa ci offre.
In India i problemi di coesistenza tra l’uomo e la natura stanno divenendo sempre più difficili se si pensa che la popolazione umana è arrivata a superare il miliardo e trecento milioni di persone e interagisce con molti animali selvatici.
Avvoltoi: spazzini fondamentali
L’India è anche il Paese con il più consistente numero di animali allevati (mucche, pecore, bufali…) – oltre 500 milioni capi di bestiame – e questo ha favorito nel tempo l’incremento esponenziale della presenza degli avvoltoi, “spazzini” naturali che svolgono il fondamentale servizio di ripulire ed eliminare le carcasse degli animali morti nelle campagne e nelle aree suburbane. Un’azione che possiamo definire persino sanitaria.
Questo fenomeno, però, a metà degli anni ’90 ha registrato un’inversione di tendenza drammatica e il crollo della popolazione degli avvoltoi è stato il più rapido mai documentato tra le specie ornitiche, con decine di milioni di uccelli morti.
La causa dei decessi era sconosciuta fino al 2004, quando fu individuata nell’avvelenamento indotto dal consumo di carcasse contenenti tracce di un comune antidolorifico: il diclofenac.
Dopo essersi cibati di carogne trattate con questo farmaco, gli avvoltoi sviluppavano un’insufficienza renale e morivano nel giro di poche settimane. Il diclofenac era entrato nel mercato veterinario nel 1994, dopo che la scadenza del suo brevetto aveva portato a un drastico calo del prezzo e allo sviluppo di varianti generiche, rendendolo facilmente accessibile tra gli allevatori. Fino alla sua messa al bando in molti paesi dell’Asia.
Con l’estinzione degli avvoltoi, scomparvero anche i servizi di pulizia che essi fornivano e le carogne finirono per rimanere all’aperto per lunghi periodi.
Le conseguenze sanitarie
Un recentissimo studio condotto dall’Università di Chicago ha confrontato i dati precedenti e successivi all’uso veterinario di diclofenac nelle zone in cui si è manifestato il crollo degli avvoltoi, che in alcune aree si sono pressoché estinti, evidenziando che il problema produce anche dei seri risvolti sanitari.
La ricerca e il rapporto scientifico del Becker Friedman Institute, prodotti dal professor Eyal Franck e da Anna Sudarshan, hanno infatti evidenziato che al crollo delle popolazioni di avvoltoi è corrisposto un incremento della mortalità nell’uomo del 4,2%, un aumento delle popolazioni di ratti e cani selvatici, che sono una delle principali fonti di rabbia in India, e una minore qualità delle risorse idriche.
Le carcasse in decomposizione trasmettono anche agenti patogeni e malattie, che possono entrare nelle fonti d’acqua quando vengono abbandonate nei fiumi o a causa del ruscellamento superficiale.
Il collasso dell’avvoltoio in India fornisce un esempio particolarmente eclatante di quanto possano essere gravi i costi sociali causati dall’estinzione locale di alcune specie per l’introduzione di nuove sostanze chimiche in ecosistemi fragili e diversificati.
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