Sarà per il suo nome carico di mistero o per le decine di avvoltoi che volteggiano perennemente attorno alla sua cima, ma trovarsi al Salto del Gitano – una rupe nel cuore della Spagna, a picco sul fiume Tajo – è un po’ come trovarsi dentro la scena drammatica di un film fantasy.
Spettacolo raro in Europa
Le sagome nere in volo sono quelle dei grifoni, enormi rapaci con più di due metri e mezzo di apertura alare, che incrociano placidi nel cielo.
Tra le rupi che si sollevano dalla macchia, in primavera, si trovano decine di nidi, in gran parte nascosti, interessati da un continuo “via vai” di grifoni in decollo e atterraggio.
Il colpo d’occhio è notevolissimo, uno spettacolo a cui in Europa non siamo abituati, soprattutto nelle giornate in cui è nuvoloso e le sagome degli uccelli contro il cielo chiaro appaiono ancora più maestose.
I grandi avvoltoi vengono qui perché sanno di trovare un luogo di sosta e nidificazione dove non rischiano di essere disturbati.
Questo aspro paesaggio roccioso, infatti, si trova in una delle porte d’ingresso al Parco Nazionale di Monfragüe, in Extremadura, a circa 250 chilometri a ovest di Madrid.
Il cuore dell’area protetta è costituito da una serie di montagne aride attraversate dal Rio Tajo, il Rio Tiètar e altri corsi d’acqua minori che, nel tempo, hanno modellato gole e versanti di queste montagne.
Un territorio che rischiava la cancellazione
Nonostante il loro indiscusso valore naturalistico e paesaggistico, questi territori hanno avuto una storia travagliata: in passato i fiumi sono stati sbarrati da dighe e le foreste del fondovalle hanno rischiato di essere cancellate per fare posto a piantagioni di eucalipto, utili per produrre cellulosa a basso costo.
Nel 1979, grazie all’azione degli ambientalisti spagnoli e poi all’interessamento internazionale, 18.000 ettari di territorio sono stati protetti e nel 2007 l’area di Monfragüe è diventata Parco Nazionale.
Quando l’uomo non disturba
In quest’area della Spagna oggi l’uomo è una presenza occasionale.
Tra le montagne rocciose del parco si nascondono ancora aree completamente selvagge, disabitate e inaccessibili, dominate dal matorral – la macchia mediterranea locale, a base di mirto, erica, corbezzolo – e intervallate da boschetti di querce.
Ai piedi delle montagne si estende invece la dehesa, un’antica e rada foresta dove sono protagoniste le querce da sughero e dove pascola il bestiame allo stato brado.
A questa diversità di ambienti e all’abbondanza di cibo si deve la grande concentrazione di uccelli del parco. Vedremo quali cercare, binocolo al collo, nella seconda parte dell’itinerario.
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