Dal 3 all’11 settembre 2021 si è svolto a Marsiglia il Congresso mondiale sulla conservazione della IUCN, principale ente scientifico che si occupa di tutela e conservazione della biodiversità nel mondo, a cui hanno preso parte più di 1.300 membri, tra questi numerosi responsabili politici e rappresentanti di organizzazioni ambientaliste e di conservazione.
La IUCN ha presentato al Congresso la sua Lista Rossa aggiornata delle specie animali e vegetali minacciate. L’elenco, con categorie che vanno da “Rischio minimo” a “Estinto”, comprende al momento circa 140.000 specie, di cui 40.000 “in pericolo critico”.
Proprio in quest’ultimo aggiornamento della lista rossa, il varano di Komodo è passato da “vulnerabile” a “in pericolo di estinzione” (codice EN, endangered).
Il riscaldamento globale e di conseguenza l’aumento del livello dei mari, secondo la IUCN ridurranno almeno del 30% l’habitat del varano nei prossimi 45 anni.
Entro pochi decenni il suo habitat naturale rischia di sprofondare sott’acqua a causa dell’innalzamento del livello del mare, catalizzato dai cambiamenti climatici.
Chi è il drago di Komodo
Osservato per la primissima volta agli inizi del 1900, il varano meglio conosciuto come drago di Komodo (Varanus komodoensis) è una creatura dalle caratteristiche esclusive, che vive nell’isola omonima e in pochissimi altri luoghi dell’Indonesia. Le sue sembianze ricordano quelle di una lucertola, ma dalle dimensioni sconvolgenti, può raggiungere i 3 metri di lunghezza massima per 70 chilogrammi di peso, tutto ciò fa di lui un predatore pericoloso per molte specie, addirittura per l’uomo.
Il drago di Komodo vive nel Parco Nazionale di Komodo, patrimonio mondiale dell’UNESCO, istituito proprio per proteggere la magnifica e omonima lucertola che vi vive e nella vicina isola di Flores, in Indonesia.
La sua popolazione stimata è di circa 3.000 esemplari.
Anche se, la popolazione di draghi che si trova all’interno del parco è considerata stabile e ben tutelata, non si può dire di certo la medesima cosa per quelle che vivono al di fuori delle aree protette, come alcune sull’isola di Flores, continuamente minacciate dalla distruzione dell’habitat naturale attuata dalle attività umane.
Perché rischia l’estinzione?
Non sono i fattori antropici diretti ad aver portato i ricercatori della IUCN a declassificare il drago di Komodo da specie vulnerabile (Vu) a specie in pericolo di estinzione.
Come sostenuto in un comunicato stampa, il motivo per cui si è deciso di introdurre la lucertola gigante nell’ ultimo elenco è collegato ai cambiamenti climatici.
Secondo il recente studio “Identifying island safe havens to prevent the extinction of the World’s largest lizard from global warming” pubblicato da Ecology adn Evolution da scienziati dell’Università di Adelaide, entro il 2050 i cambiamenti climatici potrebbero condurre a una degradazione dell’habitat naturale dei draghi dall’8 al 87 percento, mentre il numero di esemplari potrebbe precipitare dal 27 al 99 percento. Entro i prossimi 45 anni, secondo il comunicato dell’IUCN, almeno il 30 percento del territorio in cui vive il drago di Komodo potrebbe finire sott’acqua a causa dell’innalzamento del livello dei mare, dovuto allo scioglimento dei ghiacci che è accelerato dal riscaldamento globale.
Per mettere in salvo i draghi di Komodo e le molteplici altre specie minacciate dai cambiamenti climatici, sarà necessario ridurre istantaneamente e drasticamente le emissioni di anidride carbonica e altri gas a effetto serra nell’atmosfera. Anche la collettività andrà incontro a sofferenze indescrivibili se non si agirà in fretta.
I draghi di Komodo vivono nelle foreste e nella savana sterile e non possono sopravvivere ad altitudini superiori ai 700 metri. Perciò, è altamente probabile che la loro popolazione venga ulteriormente decimata se gli animali dovranno migrare su per la montagna a causa dell’innalzamento del livello del mare.
“L’idea che anche questi animali preistorici si stiano avvicinando all’estinzione a causa del cambiamento climatico è terrificante”, asserisce in un comunicato il dott. Andrew Terry, direttore della sezione di conservazione presso la Zoological Society di Londra (ZSL).
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