Aprii il frigorifero e rimasi così, immobile, con la mano appoggiata sulla maniglia, davanti alla luce fredda che illuminava i ripiani, la mente vuota e lo sguardo perso. Fino a quando cominciò a suonare il citofono della clinica, ricordandomi perché stessi lì in piedi davanti al frigorifero e di chiudere alla svelta lo sportello che lasciava sfuggire il freddo.
Avevo aperto il frigorifero per cercare qualcosa da mangiare. Avevo anche già apparecchiato per fare veloce: non la tovaglia ma soltanto una tovaglietta americana di rafia, una di quelle che il mio capo aveva portato un paio di anni prima dal Brasile. «Lo scalderò dopo al microonde il pollo con zucchine lesse» – pensai tra me e me mentre mi avviavo verso l’ingresso della clinica.
Erano le otto e mezza di sera e speravo fosse una cosa veloce perché avevo molto fame. Aprii la porta della clinica e mi trovai di fronte una signora sulla cinquantina, un po’ stravagante nel modo di vestire. Quello che più mi colpii era la sua berretta di lana a forma di orsetto color rosa. Non aveva né gatti né cani con sé. Mi domandai quale fosse il motivo della sua visita.
«Buonasera, che succede? Come posso aiutarla?» chiesi incuriosito.
«Buonasera dottore, senta, io ho comprato la settimana scorsa un antiparassitario qui da voi per la mia gatta Chanel. Vorrei sapere tutte le controindicazioni del farmaco. Tutte, dottore, voi mi avete ingannato».
Dopo un momento di titubanza, le risposi: «Ma guardi, signora, non capisco. Noi non abbiamo ingannato nessuno. Comunque le controindicazioni sono facilmente consultabili sulla confezione del prodotto che lei ha acquistato. Perché pensa che l’abbiamo ingannata?»
La signora, risentita, mi rispose: «Martedì ho messo l’antiparassitario alla mia Chanel e il giorno dopo è scappata di casa. Sono tre giorni che non torna, non è mai successo in otto anni. Mi avete dato un farmaco che fa impazzire i gatti! È colpa vostra se Chanel non torna più!».
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