Leggi qui la prima parte dell’itinerario
Il piccolo Parco di Monteveglio, sulle delle colline bolognesi a metà strada tra Modena e Bologna, ha caratteristiche davvero uniche.
Monteveglio è un piccolo centro costituito da due abitati distinti: il più antico è posto sul culmine di una collina, mentre ai piedi del colle si estende l’abitato più recente. Tutto intorno dominano ampie distese agricole ben integrate con il paesaggio.
Alle spalle del borgo, verso Est, il contesto cambia: i campi e gli incolti, punteggiati da qualche acero solitario (Acer campestre), decorano il paesaggio, delimitato dalle colline e da aree boschive più fitte. Queste ultime non sono molto estese; si tratta in prevalenza di querceti di roverella (Quercus pubescens) modellati dagli interventi dell’uomo, che nei secoli ha destinato i terreni più produttivi all’agricoltura, in particolare ai vigneti. In tempi recenti alcuni campi sono stati progressivamente abbandonati e sono ora ritornati allo stato seminaturale con una ricca presenza di ginestra (Spartium junceum), rosa selvatica (Rosa canina), biancospino (Crataegus levigata) e alberi da frutto. Purtroppo l’acacia (Robinia pseudoacacia), pianta infestante di origine americana, si è insediata anche in questi ambienti.
Nelle praterie, dominate dalle graminacee, crescono salvia (Salvia pratensis), fiordaliso bratteato (Centaurea bracteata), millefoglio (Achillea millefolium), ma anche varie specie di orchidee (Ophrys apifera, O. fuciflora, O. fusca, Orchis morio), mentre ai margini del querceto compaiono le infiorescenze di Orchis purpurea, Orchis simia, Limodorum abortivum.
Nel cuore del parco scorre il Rio Ramato, un piccolo e integro torrente che nasce tra i calanchi, che ha favorito lo sviluppo di un bosco ripariale ben conservato dove all’orniello (Fraxinus ornus) e al nocciolo (Corylus avellana) si affiancano anche il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il pioppo (Populus alba) e il salice bianco (Salix alba).
La fauna
Questa varietà di ambienti tra loro molto ravvicinati crea le condizioni ideali per la convivenza di un notevole numero di specie animali in relazione all’estensione limitata del Parco.
All’alba e al tramonto è possibile scorgere un mammifero di grande taglia come il capriolo (Capreolus capreolus) che dopo un lungo periodo di assenza dalla collina è ritornato in questi territori.
Nelle radure si incontrano lepri (Lepus europaeus), volpi (Vulpes vulpes) e a volte anche tassi (Meles meles) e faine (Martes foina), mentre nei pressi dei corsi d’acqua si notano le gallerie dell’arvicola campestre (Microtus arvalis).
Tra i piccoli mammiferi è diffuso un po’ ovunque il riccio (Erinaceus europaeus), mentre scoiattolo (Sciurus vulgaris), ghiro (Glis glis), moscardino (Muscardinus avellanarius) e arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus) sono più frequenti nelle aree boscate.
Anche gli uccelli frequentano questi ambienti in gran numero, a cominciare da rondini (Hirundo rustica) e balestrucci (Delichon urbica) che, in primavera, volano senza sosta alla ricerca di insetti attorno agli edifici più antichi. L’abbondanza di insetti e la disponibilità di semi attirano anche l’usignolo (Luscinia megarhynchos), la capinera (Sylvia atricapilla), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il luì piccolo (Phylloscopus collybita), il pettirosso (Erithacus rubecula), il fringuello (Fringilla coelebs) e, con un po’ di fortuna, non è difficile scorgere la colorata upupa (Upupa epops) sul margine dei boschi. I più grandi rappresentanti dell’avifauna locale, escludendo gli aironi, occasionali visitatori, sono i rapaci come il gheppio (Falco tinnunculus) e la poiana (Buteo buteo) che pattugliano costantemente i campi e i calanchi.
La fauna minore è ben rappresentata, sempre grazie alla sorprendente varietà di ambienti. Tra i rettili la presenza più curiosa è quella dalla luscengola (Chalcides chalcides), un sauro dall’aspetto serpentiforme, caratteristica dei prati secchi e riarsi. Le sue zampe sono quasi atrofizzate e il muso è liscio e smussato, per consentire al rettile di muoversi con più efficacia tra gli arbusti e infilarsi rapidamente nel terreno.
Nelle zone più umide e ombrose si incontrano la raganella italiana (Hyla intermedia), la Rana dalmatina, l’onnipresente rospo comune (Bufo bufo) e, più raramente, il tritone crestato italiano (Triturus carnifex) e il tritone punteggiato (Triturus vulgaris).
Tra i rettili, i più comuni, oltre alle lucertole muraiole (Podarcis muralis), sono i ramarri occidentali (Lacerta bilineata) e i biacchi (Hierophis viridiflavus).
Vita tra i calanchi
I calanchi sono uno degli ambienti naturali ecologicamente più selettivi. Il paesaggio, privo della copertura di un’abbondante vegetazione, viene sottoposto all’azione della pioggia, del vento e del sole. Le piante, in particolare, devono resistere a condizioni estreme, date dal calore estivo, dalla scarsità d’acqua, dall’instabilità del substrato e dalla grande concentrazione di sali nel terreno.
D’estate il paesaggio appare quasi privo di copertura vegetale, dal momento che molte piante hanno concluso il loro breve ciclo vegetativo e altre sopravvivono con organi sotterranei o perdendo le foglie per diminuire la traspirazione.
In primavera e autunno si assiste a una ripresa della vita vegetale. Caratteristici sono l’astro spillo d’oro (Aster linosyris), i cui tenui capolini gialli compaiono in estate, la gramigna (Cynodon dactylon) e la sulla (Hedysarum coronarium), dalle vistose macchie di fiori rosso-violacei. Presenti anche la carota selvatica (Daucus carota), la scorzonera delle argille (Podospermum canum) e l’ononide di Masquillieri (Ononis masquillierii), una leguminosa a fiori rosati endemica di Emilia-Romagna e Marche. Dove il terreno è più stabile compaiono anche arbusti pionieri, come ginestra (Spartium junceum) e rosa selvatica (Rosa canina), a volte accompagnati da giovani roverelle (Quercus pubescens) provenienti dai boschi ai margini dei calanchi.
Frequentatori abituali di questi luoghi sono anche alcuni rettili come il biacco, il ramarro e la luscengola, anche se gli inquilini più tipici sono gli insetti. Fra i più curiosi, la cavalletta grigia Oedipoda germanica, perfettamente mimetizzata sull’argilla, ma in grado di svelare sorprendenti ali azzurre, e una mantide, l’esile e aggraziata Empusa pennata, che riesce a rendersi praticamente invisibile sugli arbusti secchi.
Le colline del gheppio
È uno dei rapaci italiani più adattabili e comuni, facilmente avvistabile a Monteveglio, dove diverse coppie cacciano nei campi e tra i calanchi. Di un bel colore castano punteggiato di macchiette scure, con la testa grigia, il gheppio (Falco tinnunculus) risulta facilmente riconoscibile sia per le dimensioni (circa 70-80 cm di apertura alare) sia per il volo a “spirito santo”, che consiste nel rimanere immobile in cielo contro vento, sostenendosi con profonde battute d’ala. Da questa posizione il rapace piomba su piccoli roditori, rettili e grossi insetti, le sue prede abituali.
Itinerari
Il Parco ha un’estensione molto limitata e si può girare agevolmente a piedi. La formula ideale prevede di lasciare l’auto presso il Centro Parco San Teodoro e proseguire verso l’Abbazia, tappa obbligata della visita, normalmente chiusa al pubblico, ma visitabile su prenotazione.
Tutti i sentieri sono ravvicinati e le modeste altezze consentono di passare da un percorso all’altro facilmente. Dall’Abbazia si può raggiungere a piedi il rudere Africa (un antico insediamento agricolo così chiamato per l’aridità del luogo), visitando nel contempo la zona dei calanchi.
Più in basso si trova l’itinerario del Rio Ramato che scende ripido attraverso un bosco umido di pianura. Il percorso si sviluppa sulle rive del corso d’acqua, in un ambiente caratterizzato da un microclima fresco, e termina a breve distanza dal parcheggio situato all’ingresso dell’abitato di Monteveglio.
Per chi possiede una mountain-bike esiste anche un itinerario ciclabile che si snoda lungo il perimetro del Parco percorrendo strade in prevalenza asfaltate ma con dislivelli impegnativi e che conduce alla scoperta della valle del Rio Paraviere, nel settore più meridionale del parco.
Da non perdere
In primavera inoltrata una passeggiata dal complesso dell’Abbazia verso le creste dei calanchi in direzione del rudere Africa. Le distese grigie di argilla sono colorate delle piante in fiore e ravvivate dall’attività degli animali, primi fra tutti i gheppi che sorvegliano il territorio a caccia di lucertole e piccoli mammiferi tra gli arbusti.