Gian Luca Gasca ci porta lungo il Sentiero Italia CAI, raccontandoci un’altra escursione, questa volta nel più antico Parco nazionale italiano, il Gran Paradiso.
Il giornalista e scrittore di montagna, piemontese di 30 anni, è protagonista di un trekking a tappe lungo l’Italia, legato al progetto Linea 7000, da lui ideato per dimostrare che i Parchi italiani si possono raggiungere in maniera sostenibile, ovvero utilizzando solo mezzi pubblici.
di Gian Luca Gasca
Il Parco Nazionale del Gran Paradiso ha due accessi, uno valdostano e uno piemontese. Il primo trova come centro principale l’abitato di Cogne, con la sua antica tradizione mineraria e facilmente raggiungibile grazie ai frequenti autobus che partono da Aosta.
Il secondo è invece rappresentato dalla Valle Orco e da Ceresole Reale, oggi vera e propria mecca per l’arrampicata sportiva.
Con il progetto “Linea 7000” ho decido di andare a prendere il Sentiero Italia CAI proprio qui, sul versante meridionale del Parco. Le ragioni di questa scelta sono varie, ma la principale riguarda gli aspetti naturalistici di questa porzione di territorio.
Rispetto al versante settentrionale, il lato che affaccia su Ceresole Reale, dove trova posto un affascinante bacino artificiale e l’antica casa di caccia reale, ha dalla sua una natura ricca e poco antropizzata. Per dirla con termini facili da comprendere: la montagna è molto più selvaggia e gli incontri con gli animali del Parco, dal caratteristico stambecco all’aquila reale, sono garantiti.
In più, per un amante della montagna e della sua storia alpinistica, il versante piemontese si presenta come uno scrigno di tesori. Sulle pareti della Valle Orco si sono scritte, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, pagine di innovazione. Ma non solo. “Il nuovo mattino”, così viene chiamato il movimento che ha interessato queste pareti, ha rappresentato un vero e proprio moto rivoluzionario da parte degli amanti della montagna. Un Sessantotto, “combattuto” sulle pareti verticali anziché lungo le strade delle città.
Personaggi del calibro di Gian Piero Motti, tra gli storici fondatori della laica Rivista della Montagna, hanno pennellato tracciati verticali rimasti nella storia come “Itaca nel sole”, con i suoi specchi un vero e proprio capolavoro dell’arrampicata.
Ma anche premi Nobel, come il fisico John Michael Kosterlitz che nel periodo torinese della sua carriera accademica ha speso molte giornate in Valle Orco. Proprio sulle sue tracce mi ha accompagnato l’alpinista lecchese, piemontese d’adozione, Matteo Della Bordella. Lo incontro proprio ai piedi di un percorso aperto da Kosterlitz e divenuto internazionalmente celebre: la fessura Kosterlitz. Si tratta di una fessura alta più si 7 metri che il fisico inglese ha saputo salire grazie alle tecniche di arrampicata sviluppate in Scozia. Lui è stato infatti tra i primi a portare in Italia e a far conoscere l’arrampicata in fessura con le moderne tecniche di arrampicata a incastro.
Una valle ancora tradizionale
La tappa del Sentiero che ho deciso di percorrere è quella che dal lago di Ceresole Reale raggiunge Noasca. Un bel percorso a mezza costa nel fresco del bosco. Da qui si aprono scorci di grande interesse sulle Tre Levanne, le cuspidi rocciose che rappresentano il vero e proprio simbolo di questa porzione di Piemonte.
Oltre il viaggio prosegue all’ombra degli alberi, sempreverdi resinosi il cui odore inonda l’aria. Qualche cascata accompagna con il fragore elegante del suo movimento i passi che lentamente portano verso l’alto, dove trovano spazio i primi alpeggi. Qui è ancora presente e viva la tradizione dell’alpeggio. Quando i prati inverdiscono si sale in quota con le mandrie che passano l’estate nel fresco della montagna. Quando poi l’autunno fa sentire la sua presenza con i primi freddi allora si scende e si fa ritorno in pianura, salutando la montagna alla prossima stagione. Questo è un altro dei pregi della Valle Orco: il legame alla tradizione. Favorita, probabilmente, dall’isolamento la valle non si è mai venduta a un tipo di turismo di massa seppur sia sempre molto frequentata, soprattutto nel corso dell’estate. Ha saputo conservare la sua anima montanara e il suo spirito antico, quello che ancora si respira camminando per i sentieri di montagna.
Una volta raggiunta Noasca torno facilmente a Ceresole Reale con uno dei frequenti autobus. Impiegano circa 20 minuti a completare il percorso permettendo a un appassionato di andare e tornare in giornata anche dalla città. Io, per esempio, sono partito all’alba da Torino e ho fatto ritorno nel capoluogo a sera, prima del tramonto. Per andare bisogna prendere prima un treno e dopo un autobus, lo stesso vale per il ritorno, nel giro di un’ora e mezza si raggiunge la destinazione.
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