Comprendere il comportamento del polo geomagnetico (ovvero il punto in cui il dipolo magnetico, che non coincide con quello geografico, interseca la superficie terrestre) nel passato è di fondamentale importanza per interpretare alcuni fenomeni che possiamo osservare oggi.
Come evidenziato dai recenti dati geomagnetici, infatti, negli ultimi anni si è assistito ad un veloce spostamento del polo nord magnetico (ovvero il punto della superficie terrestre verso cui “tende” l’ago di una bussola che si trova nell’emisfero boreale) verso la Siberia e ad una migrazione più lenta del polo sud verso la costa della Terra Vittoria in Antartide.
Un fenomeno che ha impressionato studiosi e grande pubblico più per la velocità di accadimento che per lo spostamento in sé. In realtà c’è da preoccuparsi relativamente, nel passato del nostro Pianeta i poli si sono sempre spostati e addirittura si sono anche invertiti come testimoniano diversi studi di paleomagnetismo.
Proprio recentemente, una ricerca condotta da un team di scienziati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) ha portato alla ricostruzione del movimento del polo geomagnetico nell’Olocene, ovvero nell’attuale epoca geologica che ha avuto inizio circa 11.700 anni fa. I risultati pubblicati sulla rivista scientifica Quaternary Science Reviews hanno dimostrato il movimento variabile e sostanzialmente imprevedibile del polo geomagnetico nel passato.
Il polo nord magnetico ballerino
Lo studio dei ricercatori dell’INGV e dell’OGS è stato condotto su quattro carote di sedimenti marini prelevate nella regione artica al largo delle isole Svalbard (Mare di Barents) nel corso degli ultimi anni, durante alcune crociere scientifiche oceanografiche condotte in collaborazione con diversi istituti di ricerca ed università tedesche, spagnole, norvegesi e danesi.
La misura e le successive analisi dei dati relativi al magnetismo fossile preservato nei sedimenti hanno permesso di ricostruire il paleomagnetismo degli ultimi 11.700 anni e di evidenziare gli spostamenti del polo geomagnetico. Per esempio, circa 3.200 anni fa, esso doveva trovarsi in corrispondenza della Russia europea, mentre nell’arco di circa 1.200 anni si sarebbe spostato fin nei pressi dell’isola di Ellesmere, subito a nord ovest della Groenlandia, a circa 3.400 km di distanza, disegnando una traccia piuttosto arcuata lungo il Mare di Barents ed il Mar di Groenlandia.
“I risultati ottenuti – spiega Chiara Caricchi, ricercatrice INGV e prima autrice dell’articolo – hanno permesso di evidenziare come, durante l’Olocene e per lunghi periodi tempo, tale movimento sia stato variabile ed imprevedibile, comprendendo momenti in cui la posizione del paleopolo è stata sostanzialmente stabile, con una migrazione breve ed in zone confinate, e momenti in cui lo stesso ha accelerato sensibilmente il suo moto, coprendo in poco tempo distanze molto grandi”.
“Tale fenomeno – continua la ricercatrice – è relazionato a complessi processi che avvengono all’interno della Terra, in una zona al confine tra il mantello terrestre ed il nucleo esterno fluido”. A circa 3.000 km di profondità, nel cuore della Terra, flussi di ferro liquido formerebbero delle onde “idromagnetiche” che influenzerebbero la struttura del campo magnetico terrestre, provocando gli impulsi geomagnetici osservati dagli studiosi (uno degli ultimi nel 2016) ed anche, probabilmente, lo spostamento del polo.
Tuttavia, la dinamica non è stata ben compresa dalla comunità scientifica ed ulteriori studi sono necessari per migliorare la comprensione di alcuni fenomeni che avvengono a migliaia di chilometri sottoterra.
Implicazioni nella vita quotidiana di tutti
I risultati dello studio ci ricordano come anche a breve termine le variazioni della posizione dei poli magnetici possano essere significative. Ma quali sono le relative implicazioni in un mondo molto diverso da quello di 3.000 o 11.000 anni fa? L’attuale rapido spostamento del polo nord magnetico dal Canada verso la Siberia ha portato all’aggiornamento anticipato del Modello Magnetico Mondiale sviluppato dal National Centers for Environmental Information (NCEI) e dal British Geological Survey.
“Questo modello viene rilasciato ad intervalli di cinque anni – spiega ancora Chiara Caricchi – quindi la versione del 2015, rilasciata il 15 dicembre 2014, sarebbe dovuta restare valida fino al 31 dicembre 2019, ma il moto del polo osservato ha portato ad un aggiornamento straordinario nel febbraio 2019 (WMM2015v2), e poi a quello già previsto (WMM2020) del dicembre 2019”.
Le implicazioni di un moto così rapido sono piuttosto importanti, considerato che navigazione marittima e aerea, reti di satelliti GPS, sistemi difensivi e commerciali fino alla totalità di smartphone Android e iOS si basano su questo modello.
Tutti questi sistemi dunque andranno aggiornati più frequentemente per evitare problemi di navigazione e di orientamento degli strumenti, si pensi per esempio all’aggiornamento continuo dei numeri sulle piste di atterraggio, visto che questi esprimono la direzione rispetto al polo nord magnetico. Una situazione talmente in divenire che, nell’arco del tempo di lettura di questo articolo, il polo magnetico ha proseguito la sua deriva di circa 40 centimetri.
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