In una delle ultime interviste rilasciate, Zygmunt Bauman ha dichiarato: «il vero dialogo non è parlare con gente che la pensa come te».
«Entrare in dialogo», ha spiegato il sociologo scomparso nel gennaio 2017, «significa superare la soglia dello specchio, insegnare a imparare ad arricchirsi della diversità dell’altro. A differenza dei seminari accademici, dei dibattiti pubblici o delle chiacchiere partigiane, nel dialogo non ci sono perdenti, ma solo vincitori. Il dialogo non è un caffè istantaneo, non dà effetti immediati, perché è pazienza, perseveranza, profondità».
Proviamo ad applicare queste riflessioni alla questione clima. È facile concludere che stiamo sbagliando tutto. La maggior parte degli articoli pubblicati sono scritti da persone – alcune esperte, altre meno ma comunque convinte che la situazione si è fatta davvero grave – che tendono a condannare e perfino ridicolizzare tutti quelli che non hanno ancora colto la drammaticità del caso.
In questo modo si finisce solo per parlarsi addosso. Chi già la pensa alla stessa maniera pigerà distrattamente un tasto per aggiungere il suo like, gli altri molto probabilmente non inizieranno neppure a leggere la prima riga. La lotta non è tra chi crede di essere più colto, sensibile o intelligente e il resto dell’umanità. È in gioco la sopravvivenza dei nostri figli e dei nostri nipoti e questo dovrebbe bastare a farci sentire meno presuntuosi e più aperti al confronto.
«Il dialogo», ha ammonito Bauman, «è insegnare a imparare. L’opposto delle conversazioni ordinarie che dividono le persone: quelle nel giusto e quelle nell’errore».
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