Prede e predatori potrebbero influenzare l’accumulo di carbonio nell’aria e questo nuovo paradigma potrebbe aiutare a comprendere meglio le dinamiche legate alle variazioni di gas serra. E’ quanto si evince da uno studio condotto presso la Yale University, negli Stati Uniti.
Gli esperti hanno creato tre microsistemi ambientali e poi hanno valutato la quantità di carbonio prodotta dai singoli casi, per capire in che modo le relazioni fra i diversi taxa possono influenzare la variabilità atmosferica. Nel primo caso è stata analizzata la produzione di carbonio in presenza di soli vegetali; nel secondo, con vegetali e cavallette (che si nutrono di fili d’erba); nel terzo, di vegetali, cavallette e ragni carnivori (che si cibano di ortotteri). In questo modo è stato possibile appurare che la minor produzione di carbonio si ha quando la catena alimentare è completa.
Si è infatti visto che il tasso di assorbimento del carbonio in presenza di aracnidi è 1,4 volte maggiore della media, e 1,2 volte maggiore quando non ci sono animali. Le cavallette, in competizione con i ragni, consumano meno piante e, in generale, in presenza di animali, i vegetali immagazzinano più carbonio. «Stiamo scoprendo che i predatori hanno importanti effetti sugli ecosistemi”, dice Oswald Schmitz, a capo dello studio, “in particolare dovremmo iniziare a cambiare le nostre idee, relative all’accumulo generale di carbonio nell’aria e al ciclo che rappresenta il prezioso elemento».
In uno studio precedente era stato appurato che in assenza di predatori su larga scala si avrebbe un incremento di anidride carbonica del 93%.
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