Gli oceani sono la confluenza terminale di una moltitudine di corsi fluviali che trasportano plastica di ogni formato, tipologia e dimensione e, se consideriamo anche l’immissione di plastica direttamente nei mari, è facile intuire quanto questo fenomeno possa risultare impattante per la fauna oceanica.
Oltre ai pesci anche gli uccelli ingeriscono grandi quantità di plastica e molti studi convergono nel sottolineare la pericolosità di questo elemento fluttuante. Un gruppo di ricerca capitanato da Valerie Lindborg nel 2012 ha pubblicato sulla rivista scientifica Marine Pollution Bulletin, dedicata proprio all’inquinamento marino, un interessante studio che ha analizzato ben 589 boli alimentari di gabbiani glauchi del Pacifico (Larus glaucescens) nei mari degli Stati Uniti. La plastica è stata trovata nel 12,2% dei boli, e la pellicola di plastica è risultata la forma di plastica più comune.
Gli uccelli pelagici del resto hanno forte probabilità di imbattersi con elementi plastici galleggianti che vengono confusi facilmente con cibo.
Un fenomeno in forte crescita
In uno studio più recente, pubblicato nel 2022 sulla rivista Frontiers in Marine Science – Section Marine Pollution, è stata esaminata l’ingestione di plastica in uccelli marini altamente migratori come le berte dell’Atlantico (Ardenna gravis). Sono state studiate ben 217 berte trovate e recuperate in diverse località durante il loro ciclo migratorio annuale attraverso il nord-ovest e il sud dell’Atlantico per valutare l’accumulo di plastica ingerita, nonché le tendenze nelle stagioni e rispetto ai luoghi. Un totale di 2328 frammenti di plastica è stato documentato nella porzione ventricolare del tratto gastrointestinale, con una media di ben 9 frammenti di plastica per uccello.
Nessun frammento della stessa dimensione o aspetto è stato trovato nella preda elettiva, il pesce Sand Lance (Ammodytes spp.) che sostiene a livello trofico la popolazione di berte dell’Atlantico nella baia del Massachusetts, suggerendo che gli uccelli ingeriscono direttamente la maggior parte della plastica piuttosto che tramite l’ingestione dei pesci.
Le analisi condotte da Wilcox e dal suo team nel 2015 hanno rilevato che il 59% delle specie di uccelli marini esaminate tra il 1962 e il 2012 aveva ingerito plastica e che il 29% degli individui presentava plastica nel tratto gastrointestinale.
Si ritiene che gli uccelli marini dell’ordine Procellariiformes (ad esempio albatri, berte, procellarie e uccelli delle tempeste) siano i più vulnerabili all’ingestione di plastica in relazione alle loro abitudini pelagiche ad ampio raggio e a un uso sostanziale di segnali olfattivi e visivi durante il foraggiamento. Tuttavia, la frequenza dell’ingestione di plastica varia ampiamente tra i membri di queste specie.
Ad esempio, negli adulti e giovani di berta dalla coda corta (Ardenna tenuirostris) analizzati nell’Australia orientale tra il 2010 e il 2013 la plastica ingerita è stata trovata nel 65-90% dei casi analizzati.
Lo scenario è ancor peggiore sull’isola di Lord Howe, nell’Australia orientale, dove il 90% dei piccoli di berta piedicarnicini (Ardenna carneipes) campionati nel 2011 conteneva plastica ingerita, con una conta media di plastica di 18 elementi e un conteggio massimo di 276 elementi in un individuo.
Nel bacino atlantico è stato scoperto che le berte dell’Atlantico (Ardenna gravis) ingeriscono plastica a tassi elevati da decenni, con numerosi studi che documentano tassi di ingestione del 70-95%.
La situazione per gli uccelli di mare è davvero preoccupante, speriamo che le nuove politiche di riduzione del consumo di plastica usa e getta possano mettere un freno a tutto questo.
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