Giorno dopo giorno, il genere umano e le sue esigenze diventavano sempre più distanti per lui. Nel cuore della foresta echeggiava un richiamo e non appena Buck lo captava, misteriosamente invitante ed eccitante, si sentiva costretto a volgere le spalle al fuoco e alla neve battuta attorno a esso, per tuffarsi nel folto del bosco, ubbidendo all’impulso di andare avanti, senza sapere dove né perché; e nemmeno se lo chiedeva dove o perché, attirato da quel richiamo sempre più imperioso e irresistibile.
Jack London, Il richiamo della foresta
Magari oggi l’uomo potesse sentire anche solo l’eco di quel richiamo! E non è la prima volta; nel romanzo si parla di richiamo, perché il protagonista, Buck, un cane di grandi dimensioni, figlio di un San Bernardo e un cane da pastore scozzese, già dentro di sé possiede quell’impulso alla Natura, è un fatto genetico, non può evitarlo. Figlio di un arcano mistero, questo richiamo attrae Buck in modo irresistibile. Allo stesso modo, l’uomo possiede nel proprio essere una parte che, a contatto con la Natura, si libera e trova armonia, equilibrio e pace con il Tutto che lo circonda. Non è una favola.
La foresta ci chiama, misteriosamente invitante ed eccitante, un richiamo a cui non possiamo volgere le spalle per molto tempo. Il mistero ci chiama, anzi, ci richiama. Accogliamolo questo invito, riuscendo a percepire le esigenze del genere umano sempre più distanti: lontano da noi quelle esigenze di finto progresso e falso benessere, ricercato ovunque.
Ritorniamo alla foresta, ritorniamo a noi.
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