Uno studio internazionale unico nel suo ambito ha confutato la tesi che l’Antartide e l’Oceano Pacifico Meridionale si trovino in una situazione ambientale migliore del resto del mondo.
Pubblicato recentemente su PLOS Biology, lo studio – che ha visto la partecipazione di un gruppo interdisciplinare di 23 ricercatori – ha messo a confronto la gestione dell’ambiente delle zone Antartiche con quelle osservabili nel resto del mondo.
I risultati mostrano che, nonostante la gestione dell’Antartide stia mostrando risultati particolarmente positivi in determinati ambiti, come quello della limitazione delle specie invasive, non sta, invece, mostrando lo stesso trend in altri. In particolare l’istituzione di aree marine protette non va di pari passo con le loro concrete necessità e la regolamentazione dei progetti di ricerca medica e biologica (bio-prospecting) risulta provocare più danni di quanto si possa immaginare. Motivo per il quale tra il 2030 e il 2050 risulta che ci saranno alte probabilità che questa regione si trovi in una situazione ambientale simile al resto del mondo.
Uno dei co-autori dell’articolo Peter Stoett, professore di scienze politiche della facoltà di arte e scienze della Concordia University afferma: «La biodiversità dell’Antartide è stata spesso trascurata lasciandola cadere nelle crepe dei ghiacci – nessun gioco di parole in questo caso – considerando l’estensione delle fratture dei ghiacci che abbiamo osservato».
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