Ripensai all’ospite di mio padre. L’amicizia tra quei due era davvero particolare. Mio padre era un gentiluomo di campagna, dai principi saldi e valori forti, la cui passione nella vita era la natura, le piante e lo sport. Il suo amico, Ulrico, era tutto l’opposto, un vero e proprio uomo di città. Sebbene sembrasse non avessero nulla in comune, i due erano molto amici, complice anche il fatto che i loro padri erano stati amici a loro volta. Fin da piccolo la presenza domenicale di Ulrico era una costante abbastanza fissa, e anche oggi, quando Ulrico veniva a trovarci, mi faceva sempre piacere.
Erano circa le sette e mezzo, e l’orario della cena si avvicinava frettolosamente. Nel confortevole studio di casa, mio padre stava ascoltando, con sguardo attento, una descrizione su una corsa avvenuta l’estate passata e descritta con l’entusiasmo tipico di un vero e proprio amante dell’ippica, qual era Ulrico.
Dopo aver scambiato due parole con mia madre in cucina, mi stavo dirigendo verso lo studio per salutare Ulrico e chieder loro se gradissero qualcosa da bere. Lo squillo brusco del mio telefono interruppe il cammino.
«Pronto, sì, sono il dottor Corbetta. Chi parla?»
«Buonasera Dottore, sono Luisa. La chiamo per conto della mia amica, voleva sapere come sta il suo gatto. So che questa mattina lo avete operato ed è ricoverato da voi, presso la clinica veterinaria».
«Buonasera signora Luisa, certo nessun problema. Mi dica, qual è il nome del gatto?»
«Stella», mi rispose
«E il cognome della sua amica?», chiesi io.
«Ah. Non lo so…»
«Non sa il cognome della sua amica?», domandai io con tono sbalordito.
«Eh non mi ricordo. Però per aiutarla dottore, le posso dire che il suo gatto è grasso e diciamolo, anche un po’ brutto. Però non lo dica alla mia amica eh!».
«Signora, io mi preoccuperei più che non sappia il cognome della sua amica piuttosto che a detta sua, il gatto è grasso!».
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